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Top Diez: gli acquisti più onerosi del 2004/05 (seconda parte)

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Top Diez: gli acquisti più onerosi del 2004/05 (seconda parte)

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Riprende l’operazione nostalgia con la seconda parte dei 10 acquisti più costosi della stagione 2004/05.

WALTER SAMUEL (Dalla Roma al Real Madrid per 25 milioni)

Da un Samuel a un altro, questa volta un difensore, per molti, “il” difensore. Palla a centrocampo, arbitro col fischietto in bocca. Calcio d’inizio: «Speriamo di là non ci sia Samuel». Chissà quante volte schiere di attaccanti avranno pensato più o meno questo. Sì, perchè non importava chi si avvicinasse per la prima volta alla ‘sua’ area, per chiunque ecco arrivare puntuale la sentenza. ‘Sbam’, colpo secco, anche dopo soli pochi secondi di gioco. Così, tanto per far capire chi comandasse in quella zona. “Qui non si passa”, parola di Walter Samuel. Chiaro chi? ‘The Wall’, il muro.

Assonanza con il nome sì, ma difficilmente nel mondo del calcio un soprannome è stato più azzeccato. Perchè Samuel è stato proprio questo, un vero ‘Wall’, muro invalicabile. Sempre e comunque. Dal Boca Juniors alla Roma, fino all’Albiceleste e all’Inter, la sua storia più bella. Crepe? Quasi nessuna, anche se forse a Madrid sponda Real non saranno troppo d’accordo. Impossibile da buttar giù, nemmeno i gravi infortuni alle ginocchia sono stati in grado di farlo vacillare. Incubo per gli avversari, sicurezza per i compagni. Decisivo sempre, leader per natura, capitano senza fascia. Campione imperturbabile. Esempio da seguire. Occhi di ghiaccio ad impaurire chi pensava di poterlo superare, carisma da comandante al centro della difesa, Samuel ha assunto il ruolo di pedina fondamentale in ogni formazione in cui è stato schierato. Da giovane promessa è diventato protagonista assoluto nell’anno dello storico scudetto della Roma di Capello, con l’Inter di Mancini si è rilanciato ai massimi livelli dopo l’annata Real, con quella di Mourinho è diventato leggenda. Difensore e molto altro. Come nel 2010, tanto per non farsi mancare nulla, quando decise di improvvisarsi (con successo) centravanti e coronare una delle storiche rimonte della storia nerazzurra, nel 4-3 ai danni del Siena. Un gol probabilmente ancora più decisivo di quello di Milito nell’ultima gara disputata con la stessa compagine toscana, quello che regalerà il quinto (e ultimo) titolo di fila ai nerazzurri. Poi le sfide (vinte) con Drogba, Ibrahimovic, Messi. Il cuore nel 3-1 di San Siro contro il Barcellona e la grinta nella notte del Camp Nou. Infine la gioia, con quella Champions League tanto inseguita e finalmente conquistata nel 2010. Triplete e lacrime. Sì, perchè anche i muri possono emozionarsi.

DECO (Dal Porto al Barcellona per 21 milioni)

Talento cristallino, Deco, ha per molti rappresentato lo spartiacque tra due differenti filosofie di fare gioco. Mero regista ai tempi del porto di Mourinho, con cui salì sul tetto di Europa, e centrocampista box-to-box con il Barcellona, capace di abbinare le due fasi in maniera eccellente. Uno che il 10 non l’ha indossato praticamente mai, ma è un po’ come se ce l’avesse nascosto da sempre sotto la casacca. Che poi, a pensarci bene, il 20 da lui indossato non è altro che un 10 raddoppiato, tanto per sottolineare il concetto. Chi segue gli articoli de “I grandi numeri 10”, potrebbe eccepire la presenza di un giocatore come Deco nella categoria di quei talenti dai quali sarebbe stato lecito attendersi qualcosa in più, dato lo straordinario talento donato da Madre Natura.
È vero, il trequartista ha vinto praticamente tutto con i club per cui ha giocato, ma nelle esperienze successive alle magiche avventure col Porto, nelle quali è stato quasi il passaggio obbligatorio nella manovra, è sempre passato in secondo piano. Sovrastato da quei compagni che hanno avuto il carisma e la forza, non solo sul campo, di eclissare, o quantomeno oscurare, le sue immense doti. Non sempre accompagnato dal fisico, che nel calcio moderno in particolare costituisce una vera prerogativa, un’arma a doppio taglio che può esaltarti quando ce l’hai e condannarti quando ti manca. Ma con due piedi così, oltre che brillare in campo, è difficile non emozionare. E Deco, con qualche rimpianto, da comprimario dei vari Messi e Ronaldinho, Figo e Cristiano Ronaldo, entra di diritto nella ristretta cerchia dei numeri dieci che hanno incantato l’Europa del pallone.

https://youtu.be/ou7NYQ8kOME

PAULO FERREIRA (Dal Porto al Chelsea per 20 milioni)

A questo punto, è giusto spiegare una cosa: il Portogallo nell’edizione degli europei del 2004, arrivò in finale dopo un cammino stellare, sovrastato solo dalla più audace Grecia. E quindi, non stupitevi davanti all’ennesim calciatore portoghese di questa speciale classifica. Accennavamo prima a una vera e propria rivoluzione targata Chelsea, con il cambio di timoniere e la salita al trono di Josè Mourinho. Si dice che il linguaggio del pallone sia universale, ma è vero anche che per un allenatore disporre di elementi che parlano la sua stessa lingua, è un gran bel privilegio. E forse anche per questo, la squadra londinese si trasformò in una vera e propria colonia di iberici, a cui aggiungiamo l’ennesimo nome, quello di Paulo Ferreira. Lui è uno che forse di qualche presentazione in più necessita. Giocatore polivalente, capace di ricoprire tutti i ruoli della linea difensiva, nasce e si forma clacisticamente in forza al Victoria Setubal, che sarà per lui un vero e proprio trampolino di lancio. Due anni al Porto da protagonista, poi, la svolta. Nel 2004 viene prelevato dal Chelsea per 13,2 milioni di sterline. Dieci stagioni alla corte di Abramovich in cui vince praticamente tutto: tre campionati inglesi (2005, 2006 e 2010), una Supercoppa d’Inghilterra (2005), una Coppa di Lega inglese (2005), una Coppa d’Inghilterra (2007), una Champions League (2012), ed una Europa League (2013). In tutto, fanno 143 presenze in dieci primavere coi Blues. Non un titolare inamovibile, dunque, ma uno di quei giocatori che fa sempre comodo avere in rosa perchè costituiscono delle vere garanzie, che tanto mancano al calcio moderno.

DJIBRIL CISSÈ (Dall’Auxerre al Liverpool per 20 milioni)

Molti lo ricordano e inevitabilmente lo associano all’esperienza romana nella Lazio di Reja, in una stagione costellata di ombre con qualche luce a pois a fare da controno. Ma Djibril Cissè è stato anche tanto altro. Un curriculum, il suo, che di certo non pecca di esperienze: sono 12 le maglie cambiate dal nazionale francese, il che non è sempre un bene perchè spesso è sinonimo di scarsa continuità. Come la sua carriera, talvolta a sprazzi, riassumibile con la metafora dell’altalena. Un’altalena, in questo caso specifico, più volte acciaccata, complice l’immensa schiera di infortuni che ha dato il via a una vera e propria Odissea per il classe ’81. Che, autentico baluardo della filosofia del non mollare mai, fa nuovamente tappa in Italia, nel Vicenza, dove dispensa gol e giocate. Sono ben 211 le reti messe a referto dall’attaccante originario della Costa d’Avorio, che di appendere gli scarpini al chiodo proprio non vuole sentirne ragione. Il transalpino è attualmente svincolato, chissà che qualcuno decida di offrirgli un’altra, ultima, chanche.

https://youtu.be/k6h2CNUktRc

JONATHAN WOODGATE (Dal Newcastle al Real Madrid per 18,3 milioni)

Il Real Madrid, per tenere fede alla consueta linea politica dei grandi esborsi, decise di vestire di Blancos quello che per molto tempo è stato considerato uno degli astri nascenti della Nazionale inglese. Jonathan Woodgate era all’epoca tutt’altro che uno sconosciuto. Si era messo in mostra tra le fila del Leeds, una realtà che, a cavallo tra la fine degli anni novanta e il principio del nuovo millennio, era diventata praticamente di culto, per via dei numerosi talenti che aveva sfornato. Un Ajax vecchio stampo insomma, con le dovute proporzioni. Ma Jonathan Woodgate dal piedistallo ci scese in fretta, e lo fece in modo quasi irruento, quando decise di presentarsi al Bernabeu come un eterno incompiuto più che giovane promessa. Ci sono eventi che lasciano il tempo che trovano, altri che diventano metafora e specchio più che mai significativo di una carriera e di un nome. E il difensore britannico, diciamo per non alimentare false speranze, decise di mettere da subito le cose in chiaro per far crollare definitivamente le aspettative. E così anche la sua carriera, che evidentemente si prospettava troppo più grande di ciò che effettivamente sarebbe potuta essere. Le lancette dell’orologio si spostano al giorno del debutto con la maglia del Real Madrid.
Un giorno che per chiunque sarebbe un sogno, ma che per il difensore inglese si trasformò in un vero e proprio incubo. Un giorno che Woodgate – e non solo lui – non dimenticherà mai più.
Al Bernabeu si affrontano Real Madrid e Athletic Bilbao: il pubblico di Madrid segue con attenzione i movimenti del difensore inglese, lo incoraggia con applausi e ovazioni, cerca di fargli sentire la sua vicinanza.
Ma bastano 25 minuti per trasformare quella giornata da pagina nera del manuale della storia del pallone. Joseba Etxeberría mette in mezzo un pallone a metà tra un tiro e un cross, un pallone teso che sembra destinato a finire, in maniera del tutto innocua, sul fondo.
Sembra, perché, tra il pallone e la porta si materializza, in maniera abbastanza improvvisa, il capoccione di Jonathan Woodgate. Il difensore si lancia in tuffo disperato, colpisce il pallone all’altezza del dischetto del rigore, e trasforma il tiro di Etxeberría in un siluro imparabile per Iker Casillas.
La storia potrebbe anche finire così, ed essere sufficientemente triste. Ma Woodgate decide che quella partita deve entrare nella storia: al 44′, a un minuto dalla fine del primo tempo, si prende il primo cartellino giallo per un intervento molto duro su Carlos Gurpegi.
Il Real Madrid, nel frattempo, con i gol di Robinho e Raul riesce a ribaltare la partita e a portarsi in vantaggio. Quando manca più o meno mezz’ora alla fine della partita, Alvaro Mejia comincia a scaldarsi, per prendere il posto di Woodgate. Con un’ammonizione sul groppone, sarebbe più saggio toglierlo, infatti. E quella sarebbe pure l’intenzione. Il cambio è quasi pronto, ma Woodgate anticipa tutti. Stende Etxeberría, si prende il secondo cartellino giallo, e in rapida successione il rosso. È il minuto 66 e Jonathan Woodgate ha appena concluso il suo esordio: uno dei peggiori della storia del calcio. A nulla vale il tentativo di Roberto Carlos di trattare con l’arbitro e farlo recedere dai suoi propositi. Il Real resta in dieci. Una carriera finita troppo in fretta, costantemente a metà tra ciò che è stato e ciò che sarebbe potuto essere. Oggi, dopo qualche altra esperienza professionistica in Premier League, è tecnico del Middlesbourgh, club militante nella seconda divisione inglese. Dicono che non se la passi poi tanto male..

https://youtu.be/sCj9BNkfdmY

 

 

 

(Fonte immagine: profilo Instagram @deco_official)

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Arrivano le parole di Gravina su Acerbi: “La sentenza va rispettata”

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FIGC

Dopa la decisione del giudice sportivo di assolvere Acerbi sono arrivate le dichiarazioni del presidente della Figc Gabriele Gravina circa l’accaduto. Nelle ultime ore la sentenza aveva scatenato le reazioni più disparate, a partire dall’indignazione del Napoli resa nota tramite un suo comunicato ufficiale. A cercare di placare le acque ci ha provato proprio Gravina, a conclusione dell’Assemblea di Lega odierna. Gravina ha invocato il rispetto verso la sentenza del giudice sportivo. Inoltre si è pure detto disposto a credere alla difesa di Acerbi che aveva saltato per via del caso gli ultimi impegni con la Nazionale italiana. Di seguito vi riportiamo le sue dichiarazioni.

GRAVINA – “L’assoluzione di Acerbi? Si tratta di una decisione del giudice che tutti devono accettare, compreso chi non si sente soddisfatto. Esistono  principi che devono essere rispettati altrimenti corriamo il rischio di  far saltare tutto il sistema. Io accetto il verdetto e sul piano umano  abbraccerò il ragazzo quando lo incontrerò. Abbiamo saputo di una verifica da parte del giudice sportivo e allora, per evitare forme di distrazione, lo abbiamo lasciato a casa. È stata una decisione a scopo precauzionale, non perché già condannato. Acerbi ha fornito le proprie motivazioni e noi crediamo alle parole del ragazzo”.

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Flash News

Kvaratskhelia in dubbio per l’Atalanta: oggi la decisione

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Khvicha Kvaratskhelia, giocatore del Napoli - Serie A, Coppa Italia, Supercoppa Italiana, Champions League

Nella giornata di oggi Khvicha Kvaratskhelia farà ritorno a Napoli. Nel corso del match contro la Grecia che è poi valso la qualificazione a EURO24 con la sua Georgia, l’esterno sinistro è stato costretto ad uscire dal campo a causa di un dolore all’inguine. La sua nazionale ha poi vinto lo stesso ai calci di rigore. La sua presenza contro l’Atalanta resta ancora in dubbio.

LE CONDIZIONI DI KVARATSKHEILA

Come riporta Il Mattino, Kvaratskhelia sarà valutato nelle prossime ore dallo staff del Napoli. La speranza è che si tratti solo di un affaticamento muscolare. Se così dovesse essere la sua presenza in campo per la sfida contro l’Atalanta non sembra essere in discussione. Se invece si dovesse trattare di uno stiramento il georgiano dovrà stare ai box per qualche settimana. il Napoli aspetta il rientro di Kvaratskhelia per capire se sarà necessaria o meno una risonanza magnetica. Vedendo i video che sono circolati sui profili social dello stesso georgiano, che lo ritraevano festeggiare coi compagni, la speranza è che davvero non sia nulla di grave. Il popolo azzurro dovrà restare con il fiato sospeso ancora per qualche ora. Ricordare l’importanza della sfida contro l’Atalanta è quasi superfluo: si potrebbe trattare infatti dell’ultima chance per la Champions League.

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Calcio Internazionale

Futuro Lewandowski: l’Arabia un’opzione ma attenzione all’Atletico

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Barcellona Lewandowski

Il futuro di Robert Lewandowski è molto incerto. I media spagnoli parlano da qualche settimana di un interesse molto forte da parte dell’Arabia Saudita. Si parla addirittura di un’offerta da 100 milioni di ingaggio, cifre folli che potrebbero far vacillare l’attaccante polacco. Secondo quando riporta Sport ES però, su Lewandowski ci sarebbe anche un interesse di un altro club spagnolo: l’Atletico Madrid. Nonostante la rivalità sportiva tra Barcellona e Atletico, le due società hanno spesso fatto affari insieme, quindi quest’operazione non sembra del tutto impossibile.

Lewandowski non sembra voler andare via da Barcellona, ma il club catalano sta prendendo in considerazione una sua possibile cessione, in quando per contratto, l’ingaggio del giocatore è destinato a salire con il passare degli anni. Il classe ’88 ha segnato 20 gol e fornito 9 assist in 39 partite totali: numeri ancora una volta super. La carta d’identità però recita 35 anni e anche per questo motivo il Barcellona potrebbe decidere di sacrificare il suo bomber per puntare su un giocatore più giovane come Vitor Roque, andando ad allinearsi con la politica del club degli ultimi anni.

Una cosa è certa: chiunque riuscirà ad accaparrarsi il contratto di Lewandowski sarà autore di un affare. Basterà solo aspettare per vedere con quale maglietta segnerà una valanga di gol il prossimo anno.

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Calcio Internazionale

ESCLUSIVA – Andrea Compagno, dalla chiamata in Nazionale di Mancini all’avventura in Cina

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Andrea Compagno

Andrea Compagno si è da poco trasferito in Cina, al Tianjin Tiger Football Club, lasciando lo Steaua Bucarest dopo 1 anno e mezzo di gol e grandi soddisfazioni personali. Compagno è nativo di Palermo, nel quale gioca con le giovanili della squadra della città prima di trasferirsi al Catania. Inizia dunque il suo girovagare per l’Italia, sempre giocando nei vari gironi della Serie D, ma senza mai incidere veramente. La sliding doors della sua carriera porta il nome di San Marino, dove va a giocare accasandosi al Tre Fiori.

All’ombra del Titano Compagno vince campionato e coppa, venendo eletto nella stagione 2018/2019 miglior giocatore straniero e capocannoniere del campionato con 22 gol. Trova anche il tempo di segnare il suo primo gol internazionale durante i preliminari di Europa League. Tutto ciò gli vale la chiamata del Craiova, nella Serie B romena, che vince al primo tentativo. L’impatto in SuperLiga è ottimo, tanto da convincere lo Steaua Bucarest (oggi FCSB) a comprarlo per 1.5 milioni di euro, più una clausola del 10% sulla futura rivendita. Nel 2022 è il miglior marcatore italiano nei massimi campionati europei, con Mancini, allora CT della Nazionale, che confida ai media di seguirlo.

La chiamata del tecnico arriva, con la dirigenza dello Steaua Bucarest che riceve la notifica dell’inserimento del loro attaccante nella lista dei pre-convocati di marzo 2023. Andrea Compagno vive il momento più alto della sua carriera, ma inspiegabilmente, all’alba della corrente stagione, arriva la rottura con la società. Il vulcanico presidente dello Steaua, George Becali, cambia improvvisamente opinione su Compagno. Tante le parole dette e riportate dai giornali romeni sulla trattativa che lo ha portato in Cina, ma in esclusiva per l’Italia, Compagno ha spiegato a noi di Numero Diez come sono andate realmente le cose, ripercorrendo questi mesi così difficili per lui. Inevitabile porre uno sguardo su quello che è stato il suo passato, sulle tante fatiche fatte per arrivare dove è oggi, ma anche sul suo futuro, in un altro continente e con la solita voglia di migliorarsi giorno dopo giorno.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA SERIE D E L’ALL IN CON SAN MARINO

In Italia hai giocato in Serie D, spostandoti dal Sud al Nord sin da molto giovane, con contratti che specialmente all’inizio ti obbligavano ad andare a fare la spesa con la calcolatrice. Che consiglio ti senti di dare a quei ragazzi che stanno vivendo oggi quel tuo momento?

Quello è stato un periodo bello e brutto allo stesso tempo. Lì vedi più passione di quella che trovi a livelli più alti. Andando avanti nella mia carriera ho visto molti giocatori con la pancia piena, che mi hanno fatto pensare a quanti miei vecchi compagni di squadra avrebbero pagato per essere al loro posto. Quello che a me ha salvato è stato vivere nel mio sogno, nella incondizionata fiducia di potercela fare. Vivevo, mi allenavo e giocavo come se fossi in Serie A. Neanche quando prendevo 400 euro al mese la mia testa è andata a cercare altro, un qualcosa di più sicuro. Fondamentale poi è stata la perenne voglia di migliorarmi. Ce l’ho ancora adesso e penso che ce l’avrò fino all’ultimo giorno della mia vita“.

Lo snodo cruciale della tua carriera è stato scegliere di andare a giocare a San Marino. Nonostante non fosse una lega di livello, era un campionato che ti permetteva di giocarti le coppe europee, cosa che nel CV di un calciatore fa la differenza.

Sono coincise due cose. La risoluzione di un problema alle ginocchia in primis, una condropatia rotulea, grazie a un medico di Palermo che ha capito quale fosse il problema. Fino a quel momento io mi ero abituato all’idea di dover giocare a calcio con il dolore. E poi essendo a San Marino mi stavo giocando un trofeo e l’accesso ai preliminari delle coppe europee, cosa che mi galvanizzava. Ho fatto molto bene, trovando anche il gol in Europa e riuscendo ad aprirmi le porte per l’estero“.

Dopo tutto il tuo percorso, dopo tutte le fatiche che hai dovuto affrontare, cosa ha voluto dire per te essere nella lista dei convocati della Nazionale campione d’Europa?  

Ancora adesso mi vengono i brividi a pensarci. Era un buon momento della stagione con lo Steaua, eravamo in una buona posizione in classifica e a coronamento del momento arriva la chiamata. Mi cercavano tutti, ma a me non piace stare sotto i riflettori, volevo essere concentrato sul campo e sulla squadra. Sono orgoglioso se ripenso a ciò che ho fatto e ciò che ho ottenuto, per me era impensabile. L’unico rimpianto è stato poi che la convocazione in sé non si è concretizzata, per cui non ho mai varcato i cancelli di Coverciano. Farlo penso che avrebbe donato a qualche direttore di squadre di Serie A un pizzico di coraggio in più sullo scommettere su di me la scorsa estate. Rimane però tutto così bello e magnifico che per me è impossibile dargli un’accezione negativa“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – L’ESCLUSIONE SENZA PREAVVISO ALLO STEAUA

Il tuo trasferimento dallo Steaua Bucarest ha molto a che fare con i rapporti compromessi con il presidente. La sua opinione su di te quando cambia e perché?

Dopo la stagione dei 21 gol, per cui per me era inimmaginabile in quel momento un cambio di opinione sul mio conto. Inoltre aveva deciso di giocare con il falso 9. Un attaccante con le mie caratteristiche non era più quello che voleva, secondo lui non ero neanche da Steaua Bucarest. Ha fatto si che giocassero punte centrali dei calciatori non abituati a quel ruolo pur di non mettere me. Sono stati 6 mesi d’inferno da questo punto di vista, ma i tifosi mi hanno sempre dimostrato il loro affetto. Mi dispiace per come si è chiusa, se proprio avessi dovuto lasciare lo Steaua, l’ideale sarebbe stato farlo d’estate. Dopo i tanti gol e la chiamata di Mancini, sarebbe stato perfetto andare in crescendo, aumentando l’importanza del campionato“.

C’è stata una concreta opportunità durante quel periodo di fare questo salto di qualità?

Il mio obiettivo era quello di andare in un campionato che fosse più competitivo agli occhi della Serie A, che rimane il mio sogno. Quello olandese o quello belga sarebbero stati perfetti. Un’offerta come quella che desideravo era anche arrivata, dall’Heerenveen in particolare. Offrirono 1.5 milioni, ma il presidente rilanciò a 2. In quel frangente non voleva cedermi, l’obiettivo era entrare nei gironi della Conference League. Nel momento in cui non ci riuscimmo, si convisse del fatto che in campionato avrebbe voluto quel famoso falso 9. Tutto questo però è accaduto poco dopo aver rifiutato l’offerta dell’Heerenveen. Erano arrivate anche proposte dall’Italia, dalla Serie B, ma sentivo che non fosse la tappa ideale per il mio percorso“.

E come mai se il tuo obiettivo è giocare un giorno in Serie A, hai deciso di rifiutare la cadetteria? Per certi versi ti avrebbe avvicinato al suo raggiungimento. 

Se fossi sceso in una lega di secondo livello, avrei poi avuto problemi se un un giorno avessi scelto di tornare all’estero. La Serie B è un campionato di assoluta importanza, con molta più qualità di quella che ne è la sua considerazione in altri paesi, ma fuori dall’Italia si concentrano su altro. Prima di te guardano altri 100 mila giocatori che giocano in campionati di serie superiori, anche se di livello inferiore alla B. Stare all’estero mi ha dato tanto, non voglio perderlo. Oltre quelle c’erano state offerte dal Kazakistan e dall’Ungheria, ma non avrei alzato il livello rispetto la Romania come volevo“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA VERITÀ SULLA TRATTATIVA CON IL KONYASPOR

I giornali romeni hanno riportato anche dell’offerta del Konyaspor, in Turchia, che però avresti rifiutato nonostante saresti stato in un campionato con diversi ponti per la Serie A. 

Proprio per tutto il discorso che abbiamo fatto finora sul prestigio del campionato, io do subito la mia disponibilità quando vengo a sapere di quest’offerta da 150 mila euro che avevano fatto al club. Era una trattativa ben avviata, ma sono mancate le condizioni per chiuderla“.

È stata fatta uscire la notizia per la quale l’offerta del Konyaspor non fosse di 150 mila euro, ma di circa mezzo milione, e che tu avessi rifiutato la destinazione preferendo lo stipendio cinese. 

Tutte cavolate, sia le cifre sia il fatto che l’offerta del Konyaspor fosse arrivata insieme a quella cinese. Si era semplicemente inserita una persona che per puro interesse personale prometteva al presidente di fargli arrivare un’offerta più alta dalla Turchia, ma non ce ne era più nessuna in realtà. In Cina stava per arrivare il capodanno cinese, e mi avrebbero dovuto tesserare per forza prima di questa scadenza. Per colpa di questo contrattempo stavo rischiando di non ultimare in tempo i dettagli con il Tianjin“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA CINA COME NUOVA TERRA DA CONQUISTARE

Non ti ha spaventato la fuga dei grandi nomi che c’è stata negli ultimi anni dal campionato cinese nel momento in cui lo hai scelto? 

Non posso esserne spaventato. Quelli erano giocatori che percepivano stipendi molto lontani dalla mia situazione. È un’opportunità importante per me, ci sono solo 5 posti per gli stranieri per squadra, e le speranze che ripongono in questi sono alte. Per questo è difficile vedere dei contratti lunghi, ma anche solo entrare nel campionato è complicato“.

Cosa ti ha sorpreso in questi primi mesi lì?

Il livello degli stranieri è molto alto, ma anche tra i cinesi vedo buone individualità. Certo, le mie sono solo prime impressioni, sono appena arrivato, ma è chiaro che loro stiano investendo tanto. Hanno degli stadi enormi e all’avanguardia, nella città dove sono io ce n’è uno da 30 mila posti e un altro da 60 mila. Non hanno però la cultura del centro d’allenamento come casa base, noi ci alleniamo direttamente allo stadio per esempio. È diverso da quello a cui ero abituato. Quello che certamente dimostrano è tanto entusiasmo e tanta organizzazione, che si riflette anche in allenamento. Prepariamo ogni situazione, calci piazzati, rimesse laterali… sto lavorando sulla tattica molto più qui che in passato“.

La Cina porta 4 squadre alla Champions League asiatica, che oltre a essere un’altra competizione internazionale a cui potresti prendere parte, ti potrebbe far vivere delle esperienze con giocatori incredibili. Quanto speri di ritrovarti a giocare il prossimo anno con personaggi del calibro di CR7?

Se non è lui ce ne sono tanti altri. Qui c’è un entusiasmo incredibile anche solo per il campionato, non oso immaginare cosa vorrebbe dire fare la Champions. Sono sincero, come ho fatto appena arrivato in Romania, me la voglio vivere giorno per giorno. Ragiono partita dopo partita con la volontà di farmi apprezza qua come fatto altrove“.

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