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I top / flop del weekend!

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I top / flop del weekend!

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Campionati finiti, Champions League assegnata. Spazio alle nazionali, al mercato e le sorprese della nostra solita classifica Top e Flop.

TOP

CHAMPIONS REAL

Dopo il primo gradino del podio in Europa, più che meritato il piazzamento nella nostra altrettanto prestigiosa e agognata classifica Top e Flop. Secondo anno di dominio continentale e seconda Champions firmata Zidane. Due anni sulla panchina blanca con lo stesso risultato. C’è chi la vittoria della Champions Legaue la sente come il traguardo della carriera, una chimera, un orizzonte da raggiungere a coronamento della vita di sforzi in panchina. Per Zizou, invece, semplicemente un biglietto da visita, l’incipit della propria presentazione al tavolo dei più grandi. Non sicuramente la favorita all’inizio nonostante il titolo in carica. Ma la più forte alla fine. Il primo tempo aveva lasciato qualche speranza tricolore. Forse, alla fine dei conti, semplice e efficace piano studiato da Zidane. Vittoria nel segno del 7. Come quello blanco tanto criticato, nella sua seconda peggior stagione realizzata a Madrid, come “semplice” e banale uomo-gol ma a reale considerazione, essenza del calcio. Avulso e decisivo, assente ma presente quando serve. Letale. Questa è la Champions che mai così tanto è stata ed è “sua”. Nel segno del 7 come il doloroso e repellente numero di finali europee bianconere perse. Sfortuna, circostanze o scarsa attitudine sarà dibattito fino alla prossima, vicina o lontana, finale bianconera. Ennesima pagina di storia europea scritta con l’inchiostro blanco. Unica squadra ad aver vinto due edizioni consecutive della moderna Champions League, eguagliato il record dell’altrettanto storico Milan di Sacchi in epoca lontana di Coppa dei Campioni. Vittoria nel segno del sette come quella scaramantica periodica ricorrenza sconfitta, anch’essa, dal Real Madrid. Contro questo Real anche la superstizione alza bandiera blanca

CARPI FAR WEST

9 contro 9. 18 su 22 i superstiti della semifinale di ritorno di Serie B. Nulla di più facile quando il passato racconta di uno 0-0. Strana e quasi paradossale scoperta la storia della gara che il gabellino racconta all’86esimo. Perché il tabellino descrive l’1-0 in 11 contro 9. Ma sono proprio quei 9 ad essere in vantaggio. Fuori casa. Nella gara che coincide con l’addio allo stadio in cui si è ospiti. Strana cosa il calcio. Nervosismo che esplode nel finale con le due espulsioni per Zappino e Soddimo, che dalla panchina non trattengono nervosi  impulsi. Ma la tensione e l’adrenalina per la posta in palio “concedono” anche questo. Il Carpi approda così alle finali dei play-off di Serie B per giocarsi il ritorno in Serie A a solo un anno di distanza. Contro l’outsider Benevento. Il Frosinone si arrende e viene contestato. Eroica l’impresa dei romagnoli dopo che la semifinale d’andata permetteva di sbilanciarsi leggermente verso i ciociari sostenuti dal romantico presupposto di trionfare ed esultare per l’ultima volta nel proprio stadio e nel calcio si sa quanto altrettanta spinta diano i contorni e le cornici di “casa”. Così non è stato. Pochi gol, uno solo, decisivo e tanto tanto nervosismo ma, alla fine dei conti, “giustificato” dalla posta in palio.

STORICI!

Ultima in ordine di narrazione ma solo per questioni temporali. Fresca ventata di gioventù italiana in Corea del Sud. Non soggetta a geografici e, si spera, non fallimentari fraintendimenti con la fatale e cara spedizione italiana del 2002 in Corea del Nord. La “nostra” spedizione Under 20 entra nella storia e lo fà con un impresa non preannunciata in virtù di un avversario, lo Zambia, nelle aspettative tutt’altro che ostico. Rosee attese immediatamente smentite quando dopo quattro minuti i ragazzi di Alberigo Evani già devono rincorrere. Ma tradizionalmente è atteggiamento culturale italiano rendere meglio e compiere eroiche imprese da situazione svantaggiose. E allora il pareggio arriva con Orsolini, l’uomo, anzi, il ragazzo del momento, ad allietare anche i delusi suoi futuri tifosi bianconeri nel post Cardiff. Altra abitudine, meno diffusa ma tradizionalmente riconosciuta è la proverbiale seduta sugli allori a risultato apparentemente raggiunto. Lo Zambia allora torna in vantaggio. All’84esimo. Il rischio di tragico epilogo e disfatta imminente sveglia, questa volta definitivamente, l’orgoglio azzurro. Di Marco di talento la riacciuffa all’ottantottesimo. Vido di orgoglio e cattiveria la prende nel secondo supplementare. Eroici e storici i ragazzi di Evani. Eroici per l’impresa di orgoglio insito nel DNA italiano. Storici perché per la prima volta la spedizione italiana Under 20 approda alle semifinali del mondiale. Ora toccherà all’Inghilterra scontrarsi con il talento e l’orgoglio degli azzurrini e con la fame di vittoria di questi storici ragazzi.

FLOP

TORINO CHE DISFATTA

Per un Real che esulta e stravince c’è un Italia colpita che piange, non per le Juventus, ma per una sconfitta più grande e una ferita ancor più grave che i fatti di Torino hanno lasciato. Piazza San Carlo è stata teatro di ciò che ormai ogni testata e redazione ha raccontato nelle svariate sfumature. Il giorno dopo sono uscite riprese, nomi e presunti colpevoli. Non è nostro compito giudicare e non ci immergeremmo nemmeno nel tentativo di farlo. Spetta a chi ne ha competenze e potere. Bravata o equivoco sarà chiarito in futuro, noi ci asteniamo da qualsiasi imputazione e vogliamo riflettere più su ciò che l’episodio ha lasciato. Paura, un sentimento di estrema vulnerabilità, terrore e psicosi. Tutti sintomi di un periodo storico e culturale difficile. Qualcuno sta operando per diffonderli. E ci sta riuscendo. Ciò che non era mai stato realmente ammesso emerge come una cruda sentenza dopo gli eventi di sabato. La psicosi del terrore si è ormai diffusa, lo scoppio di un innocuo petardo può fare pensare immediatamente al peggio, scatenare panico e causare danni irreparabili, non solo a facciate o ringhiere. Chi era in piazza l’ha descritto come la scena più brutta della propria vita. Un intero popolo unito dalla gioiosa fede e speranza calcistica si vede accomunata già dai primi istanti e nel day-after da un durissimo sentimento di paura e vulnerabilità. Chi sta progettando sta riuscendo, purtroppo nell’intento. E forse più che sconfitta delle vittime si deve parlare di cruda e momentanea vittoria degli altri. Ma non sempre vince il più forte. E noi che trattiamo di calcio lo sappiamo bene!

20 ANNI PIÙ NO KESSIÈ

Ironia e sarcasmo a parte, la vicenda che ha coinvolto il neo acquisto rossonero è davvero singolare. Va detto che non è la prima volta per episodi del genere che finiscono sulle prime pagine on line. Era accaduto anche nel recente passato a Minala, acquisto della Lazio che sembrava dimostrare ben di più dei 17 anni dichiarati. La bufera si chiuse nel giro di qualche giorno come accaduto con Kessiè. Dal punto di vista prettamente tecnico il neo rossonero si prospetta come un colpo importante del nuovo Milan. Tralasciando eventuale sopravvalutazione economica del salto di qualità che solo il campo potrà sentenziare, le ultime due stagioni – con Cesena e Atalanta – sono state più che positive e lo hanno portato agli occhi delle più grandi d’europa. Decisivo il passo del Milan e la simpatia per i colori rossoneri del giocatore. Qualche intoppo nelle visite mediche aveva creato scalpore. Le speculazioni, qualche diceria e la mala-informazione avevano fatto il resto. Su Kessiè, come per Minala, gravavano le accuse di un’età superiore ai 20 anni oggi dichiarati. Un fraintendimento in concomitanza con notizie da fonti estere e un episodio che lo coinvolse al tempo di una convocazione in nazionale. Il server della federazione ivoriana, per un errore di sistema, ne dichiarava la data di nascita qualche anno prima rispetto alla reale annata 1996. Stupidi e qualunquisti discorsi sulla nazionalità del giocatore hanno alimentato il focolare della contro-informazione. Ogni approfondimento chiarificatore e nuovi controlli hanno archiviato ogni dubbio sulle condizioni fisiche. Nemmeno il Milan stesso ha specificato la natura del problema. Tutto finito nel dimenticatoio fino al prossimo episodio di dubbia dichiarata età con il Milan che nel frattempo si potrà godere il suo costoso nuovo gioiello del centrocampo.

RESA BIANCONERA

Il primo tempo aveva lasciato ben sperare. Il secondo tempo confutò i presupposti. Il Real riuscì a dilagare e portarsi la Champions in Spagna per il secondo anno consecutivo. Minuto 78. Risultato sul 3-1. Cambio per la Juventus. Un impalpabile Dybala lascia il posto a Lemina. La perplessità dei più aumenta nel tentativo di spiegare tale scelta. Va ammesso che la serata nera di Dybala, peggiore in campo, non faceva presupporre a miglioramenti nei successivi eventuali 10 minuti. Ma la domanda sorge spontanea. Perché in un finale di Champions, con ancora un discreta parte di gara da giocare, con un risultato non del tutto chiuso – come il calcio insegna – Allegri decide di togliere una punta del talento della Joya e inserire un più difensivo Lemina? Una delle più diffuse spiegazioni è l’ipotesi di legittima resa juventina di fronte all’effettivo strapotere blanco. Ma sempre di più nel calcio moderno l’immagine dell’allenatore, l’identità data alla squadra e ogni mossa sono vagliate con la lente d’ingrandimento. Così la mossa di Allegri ai più è parsa più che dubbia. La diffusa, forse errata, superficiale – assecondata dal legittimo deficit di competenze e conoscenze rispetto all’allenatore bianconero – e prima spiegazione pubblica per l’inspiegato e inutile tentativo di evitare altre brutte sorprese trova appoggio nel gol del 4-1 del Real Madrid. Protagonista negativo dell’episodio proprio lo stesso Lemina reo di un approccio decisamente soft nel duello uno contro uno con Marcelo nel tentativo di impedirne il cross. “Non sarebbe stata meglio la mossa della disperazione per provare a riagguantarla?”. A questa “sempliciotta” domanda risponde, probabilmente la carenza di alternative offensive al momento in panchina. Ecco dunque la spiegazione più plausibile al cambio. Ma la perplessità del singolo episodio si riversa su una più grande considerazione, ossia sullo schieramento iniziale della Juventus. La scelta di Barzagli e Cuadrado in panchina soprattuto. Era veramente necessario il cambio di modulo con il ritorno alla difesa a 3 –  anche se apparentemente sempre sullo stampo del 4-2-3-1 della svolta – e di interpreti? A posteriori no. Perché non mettere da subito Cuadrado visto che i quattro là davanti avevano sempre mostrato affidabilità e affiatamento senza escludere un certo equilibrio tattico? Tutte perplessità del giorno dopo che si accodano alla prestazione decisamente negativa della formazione bianconera, ad esclusione di qualche singolo. Chi parla dopo poi ha sempre ragione. Quello che resta è resta la sconfitta bianconera. Non come punto di arrivo ma come caduta da cui rialzarsi e ripartire.

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Calcio Internazionale

Mascara si racconta: “Fui vicino a City e PSG, Simeone al Catania era avanti coi tempi””

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Simeone Atletico madrid

Durante la trasmissione TvPlay, Giuseppe Mascara, ex giocatore del Catania, si è raccontato. In particolare, sono stati trattati dei temi come giocatori e allenatori che ha incontrato nella sua carriera. Tanta emozione nel ricordo di quando Kakà gli diede la sua maglia. Mascara è anche entrato nei radar di due top club europei, ma l’affare non andò in porto.

LE PAROLE DI MASCARA

SU BERARDI – “Lui è uno dei pochissimi che gioca un calcio come quello che piace a me. Fa l’uno contro uno, se lo sbaglia lo rifà”.

SU POLITANO – “Un altro così è Matteo Politano. Forse un altro che si avvicina è Zaccagni della Lazio. Tutta gente che sulla fascia puntano l’uomo. Berardi farebbe bene anche alla Juve, se uno è forte si porta dietro le sue qualità anche nelle grandi squadre”.

SU SIMEONE –  “Si vedeva che il Cholo avrebbe fatto strada. Preparava le partite calcolando nei minimi particolari tutto quello che poteva succedere sia quando hai la palla che quando non ce l’hai. Nel 2011 era già avanti coi tempi”.

IL RICORDO DI MASCARA AL NAPOLI –  “Ero arrivato a 32 anni e volevo rimanere a Catania. Il contratto era in scadenza e la proposta per il rinnovo non arrivava, oggi domani, oggi domani… e alla fine ho accettato di andare al Napoli. In quegli anni avevo ricevuto diverse offerte ma sono sempre voluto rimanere a Catania. Non ho nessun rammarico verso i dirigenti però. Nel 2009, stagione in cui feci 14 gol. ebbi varie proposte, anche dal Manchester City e dal PSG, che non erano le squadre che sono oggi, ma pur sempre club blasonati. Anche il Bayer Leverkusen. Alla fine non andarono in porto. In Italia sono stato vicino alla Lazio”.

LA MAGLIA DI KAKÀ –  “Ho avuto la fortuna di affrontare diversi campioni ma tra tutti gli aneddoti quello che ricordo con più affetto riguarda Kakà. Gli chiesi la maglia a Milano dopo un Milan-Catania e lui senza nessun problema me l’ha data, poi al ritorno fu lui a venire da me per chiedermela”.

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Conference League

Italiano pensa al primo posto: “Andiamo in Ungheria”

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Italiano

La Fiorentina di Vincenzo Italiano ha vinto per 2-1 contro il Genk e ha archiviato la questione qualificazione. L’allenatore della viola ha parlato ai microfoni di Sky Sport dopo il match. Di seguito, le parole di Italiano.

UNA VITTORIA IMPORTANTE – “Grandissimo secondo tempo. All’intervallo abbiamo detto che stavamo lasciando qualche situazione di troppo a loro. Abbiamo concesso un gol, ma abbiamo reagito subito e poi nel secondo tempo abbiamo giocato bene. Il secondo gol è arrivato su una giocata corale. Dobbiamo ancora giocare l’ultima, per chiudere primi nel girone”.

PRESTAZIONE DI BELTRAN – “Ai ragazzi dico sempre: o si gioca o si subentra, nessuno è dimenticato e tutti devono dare il massimo. Oggi sono entrati tutti bene e sono contento, perché ho visto davvero un bel secondo tempo”.

PARISI FUORI RUOLO – “Oggi mettere insieme Mina e Kayode con pochi minuti nelle gambe non me la son sentita. Ho messo Yerri, per poi sfruttare Kayode a gara in corso. La strategia ci ha dato ragione, bravo Kayo nel farsi trovare pronto sulla palla di Beltran e va ringraziato Parisi perché si sta adattando da quella parte”.

IL GOAL SUBITO – “Parisi era in inferiorità e non doveva muoversi. Mina doveva avvicinarsi e, ogni volta che commettiamo un mezzo errore, subiamo sempre gol. C’è da lavorare su queste cose”.

COME MIGLIORARE LA SQUADRA – “Soprattutto su situazioni come sul gol preso e sbloccando i nostri attaccanti. Dobbiamo lavorare su questo, dopo essere andati in Ungheria perché è importante arrivare primi”.

 

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Europa League

Mourinho durissimo dopo il pareggio in UEL: “Alcuni giocatori sono superficiali”

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Roma-Udinese

La Roma ha pareggiato per 1-1 contro il Servette fuori casa, e l’allenatore José Mourinho si è presentato ai microfoni di Sky Sport per niente soddisfatto, con una vena molto critica verso alcuni giocatori. Di seguito, le sue parole:

LE PAROLE DI MOURINHO

PERSA UN’OPPORTUNITÀ – “E’ stata un’occasione importante ma è anche importante l’inizio del secondo tempo. E’ una cosa che succede spesso. Un peccato che non ci sia una camera vostra all’intervallo perchè io martello sempre su questa situazione di entrare nella ripresa contro una squadra che perde 1-0, che gioca in casa e che attaccherà sotto i suoi tifosi. Logico che nel secondo tempo c’è questo atteggiamento dell’avversario e noi siamo stati superficiali nel modo di interpretare questi momenti della partita. Ci sono anche giocatori che hanno perso un’opportunità”.

AOUAR IL PROBLEMA? – “Non parlo di Aouar. Parlo di giocatori in generale. Ci sono anche giocatori che sono partiti dalla panchina e in campionato chi parte dalla panchina hanno una buona concentrazione, in queste partite specialmente fuori casa la gente non sia abituata a stare in panchina e quando entra non riesce a migliorare la squadra. Non penso sia un dramma giocare i playoff, è difficile ma è una motivazione giocare una partita contro una squadra che viene dalla Champions. Ci sarà un’altra partita all’Olimpico esaurito, non voglio fare di questo secondo posto un dramma. Per me è molto più drammatico un’altra opportunità di qualche giocatore persa e un atteggiamento che si ripete quando entriamo in campo nel secondo tempo e stiamo vincendo”.

UNA SPIEGAZIONE – “Non la capisco. Ho giocato 150 partite di Champions, che sono più (fra virgolette) importanti di queste e la motivazione di giocare queste partite è altissima. Sembra che ci sia gente che non ha una grande storia in Europa e gioca queste partite in modo superficiale. C’è gente che è sempre lì, sono sempre gli stessi, novanta minuti di concentrazione e poi c’è gente che è un po’ superficiale”.

CRISTANTE IN DIFESA – “Sì, ma se manca uno gioca lui. Lui è un grande esempio per gli altri a questo livello, gioca con una concentrazione altissima. Paredes ha fatto un’altra partita molto seria, è un campione del Mondo, gioca qui senza superficialità, poi c’è gente che si sente confortata con questa superficialità”.

CHI PAGHERÀ DELLA SITUAZIONE – “Da noi non puoi far pagare, lo può fare Guardiola, da noi c’è solo l’allenatore che può martellare… io continuerò a martellare su questa gente. Il gruppo è fantastico, gente buona, gente seria, che ama la Roma, ma sono in una zona di conforto. Se in casa riusciamo a instillare questa mentalità nella squadra, fuori casa è più difficile, ovviamente potevamo vincere lo stesso”.

L’IMPORTANZA DEI GIOCATORI NOMINATI – “Abbiamo questi ragazzi ma anche gente superficiale. E’ poca responsabilità di dirmi che vogliono giocare. Hanno perso un po’ la voce. Se qualcuno bussa alla porta del mio ufficio e mi dice che vuole giocare di più, gioca di più quando gli altri sono morti. Perchè la gente che risponde è sempre la stessa”.

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Flash News

De Laurentiis ipotizza lo stadio a Pompei: la risposta del sindaco

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Lo Monaco

Ieri, prima del match tra Real Madrid e Napoli, Aurelio de Laurentiis, ha parlato delle varie possibilità relative possibile nuovo stadio dei partenopei.

La prima opzione è sicuramente quella di acquistare il Maradona e ristrutturarlo a spese della società di ADL. Se il comune non permetterà ciò, allora si virerebbe verso una tra Pompei e Caserta. Di seguito, le sue parole a Radio Goal, un programma di Kiss Kiss Napoli.

NUOVO STADIO – “Abbiamo un complesso sportivo che non è mai stato completato, De Laurentiis lo conosce anche. E’ adiacente al confine con gli scavi. Sarebbe, naturalmente, un piacere, ma non ne ho mai parlato con De Laurentiis”.

DISPONIBILITÀ VERSO IL NAPOLI – “Siamo accoglienti e disponibili con tutti e lo saremo anche con De Laurentiis e i tifosi del Napoli. C’è un area di 100mila metri quadrati, ma la sede del campo è già realizzata. Non fu completato quel campo perché stavamo facendo una manifestazione d’interesse. Se ADL è interessato siamo disponibili a riceverlo”.

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