Lo sviluppo e la crescita del calcio in Cina, e in generale in Oriente, è passato inevitabilmente attraverso l’acquisto di giocatori di grido dall’Europa, in grado di portare visibilità e competitività ad un campionato ancora distante anni luce da quelli sudamericani o del Vecchio Continente. I calciatori che hanno deciso di volare in Cina sono stati e, probabilmente saranno, tantissimi. Il biennio 2016-2018, ad esempio, ha visto arrivare nella Chinese Super League una quantità industriale di calciatori stranieri, allettati da stipendi da capogiro, che ha costretto la federazione cinese, su richiesta del Governo, di limitare il numero di stranieri a 4 per ogni squadra, nel tentativo di trovare il giusto equilibrio tra farsi pubblicità – grazie alla presenza dei top player provenienti dall’Europa – e la formazione di talenti locali in vista di una rinascita anche della Nazionale cinese.

(Fonte: profilo Twitter AFC Champions League)
In realtà le cose non sono andate proprio in questo modo. La Nazionale cinese, nonostante la presenza di Marcello Lippi in panchina, non ha trovato quella continuità auspicata all’inizio del progetto. E anche la qualità dei calciatori cinesi non è mai stata così elevata, tant’è che negli ultimi giorni, a tal proposito, si è virati sulla decisione di naturalizzare alcuni giocatori, come Elkeson, attaccante brasiliano che gioca in Cina dal 2013.
CONTRO ESODO
Se da una parte è innegabile che sempre più calciatori hanno deciso di giocare in Cina, non ultimi due grandi protagonisti della Serie A come Hamšík e El Shaarawy, dall’altro lato è evidente come da un paio di mesi a questa parte si è andati incontro ad un contro esodo di calciatori che per svariati motivi hanno preferito rinunciare al “dio denaro” e di ritornare protagonisti in Europa.

Witsel in compagnia di Hakimi e di Paco Alcacer mentre festeggiano la vittoria della Supercoppa tedesca.
(Fonte: profilo Twitter Axel Witsel)
Il primo nome fra tutti non può che essere Axel Witsel. La storia del centrocampista belga è sempre stata costellata da aneddoti e colpi di scena. Nel 2016, con il contratto in scadenza con lo Zenit – che lo aveva strapagato per portarlo via dal Benfica -, Witsel fu vicinissimo alla Juventus. Poi l’affare saltò e nel frattempo spuntò il Tianjin, offrendo uno stipendio astronomico, 18 milioni a stagione. Dopo un solo anno in Cina, però, il belga decide di far ritorno in Europa. Ed è stato lo stesso Witsel a raccontare il perché ai microfoni di Dazn in Germania.
“Mia figlia aveva una malattia dolorosissima all’intestino. Non potevamo recarci a Pechino, era troppo lontana. Siamo quindi andati in uno degli ospedali cinesi locali e la situazione era davvero surreale. Abbiamo preso un numeretto come se fossimo al supermercato e abbiamo aspettato 3 ore. Dissi a mia moglie che dopo i Mondiali in Russia saremmo tornati in Europa, i soldi sono importanti ma non danno la felicità.”
Witsel è tornato, dunque, in Europa e lo ha fatto con la maglia del Borussia Dortmund. La cosa più sorprendente, però, è che il centrocampista ammirato nella scorsa stagione con la maglia giallonera pare addirittura migliorato rispetto alle sue precedenti esperienze continentali. In Bundesliga la scorsa stagione Witsel ha messo a referto 4 gol e un assist in 33 presenze, risultando tra i più utilizzati della rosa oltre che uno dei migliori per rendimento. E anche all’esordio quest’anno, contro l’Augsburg, il trentenne belga ha confezionato due assist di pregevole fattura per Jadon Sancho e Julian Brandt nel 5-1 con il quale il Borussia Dortmund ha trionfato e conquistato i suoi primi tre punti.

I numeri della prima ottima stagione con la maglia del BVB.
(Fonte: profilo Twitter Axel Witsel)
Nella Ruhr Witsel sembra aver trovato la propria dimensione ideale, piazzandosi nel duo di metà campo affiancato dal giovane Weigl. Lucien Favre, tecnico con il quale ha instaurato un gran rapporto, lo ha fin da subito fatto sentire importante e Witsel ha risposto con prestazioni all’altezza delle aspettative. Che la Cina gli abbia fatto bene? Numeri alla mano, ovunque sia andato, l’ex centrocampista di Benfica e Standard Liegi ha sempre dimostrato grande professionalità e caratura tecnica. Il ritorno in Europa è stata una decisione ovviamente delicata ma che visti i risultati ha certamente risvegliato in lui l’amore per il calcio, quello vero.
RITORNI INASPETTATI
Sulla stessa cresta d’onda possiamo parlare di altri due giocatori che hanno vissuto un passaggio simile a quello di Witsel: Gervinho e Josè Fonte. Se però Witsel, al momento del trasferimento in Cina, era ancora un giocatore ambito da molti top club europei, lo stesso non si può dire per i due calciatori di cui sopra. Gervinho, come Josè Fonte, quando fu ceduto nel 2016 all’Hebei Fortune sembrava sul viale del tramonto. Troppo incostante, poco lucido sotto porta si diceva. Quando lo scorso agosto il Parma ha annunciato il suo ritorno nel Belpaese sembrava il classico colpo di grido di poca sostanza. E invece Gervinho è ritornata quella gazzella imprendibile che avevamo già conosciuto con la maglia della Roma.

(Fonte: profilo Twitter Gervinho)
In Cina un brutto infortunio ne aveva condizionato il rendimento. A Parma, invece, ha trovato un allenatore, D’Aversa, che ha costruito una squadra e un gioco sulle ripartenze e i contropiedi. Pane per i suoi denti. Nel corso della scorsa stagione i ducali hanno raggiunto una brillante salvezza e Gervinho, con 11 gol e 2 assist, è stato il vero trascinatore della formazione emiliana. Difficile pensare che in Cina abbia fatto fatica ad ambientarsi. È più facile pensare, invece, che gli stimoli e le motivazioni del campionato italiano non potessero competere con i milioni di euro che l’Hebei Fortune gli garantiva.
Lo stesso identico discorso si potrebbe fare per un comandante della difesa quale Josè Fonte. Dopo aver giocato per circa dieci anni in Inghilterra, nel 2017 il West Ham lo cede al Dalian Yifang. Sette presenze bastano per capire che non è il calcio di cui aveva bisogno. E allora ci pensa il Lille a riportarlo in Europa. In pochi minuti Josè Fonte accetta l’offerta dei francesi e si impone perno insostituibile della difesa dei vice campioni di Francia. Il baluardo difensivo del giovanissimo Lille di Pépé – 24 gol in campionato, acquistato a peso d’oro dall’Arsenal – è proprio il trentacinquenne portoghese che a Lille vive una seconda giovinezza.
QUANTA VOGLIA DI TORNARE
Quelli sopra citati non sono, tuttavia, gli unici casi di giocatori che andati via dalla Cina sono tornati più forti di prima. Paulinho, ad esempio, nel 2015 è stato acquistato dal Guangzhou Evergrande. Due anni dopo è tornato in Europa acquistato per 40 milioni dal Barcellona: 34 partite, 9 gol e la convocazione per Russia 2018.

(Fonte: profilo Twitter Paulinho)
La cosa strana è che dopo l’ottima esperienza catalana il Barça lo cede di nuovo al Guangzhou e ci ricava pure 50 milioni. Misteri del calciomercato. Nel frattempo il centrocampista brasiliano si è riscoperto goleador: ha segnato 13 reti lo scorso anno e 15 nel 2019.
Altro giro, altra corsa. Roger Martínez, classe ’94, attaccante colombiano. Da giovanissimo era una promessa del Racing de Avellaneda ma tra lo stupore generale nel 2016 va a giocare nel Jiangsu Sainty. In due anni segna 17 reti poi ritorna nel calcio che conta: prima Villareal – malino – e ora al Club América in Messico, 10 gol lo scorso anno. In estate è stato convocato per la Copa America e con la sua Colombia ha segnato un gol bellissimo all’Argentina. Insomma, a qualcuno la Cina ha fatto bene non solo al portafoglio.
(Fonte: profilo Twitter BVB)