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Inchinati al Tottenham

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Più che una vittoria

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Lo Celso

Nonostante si parli sempre di Serie A in crescita, di progressi del campionato e di lotta all’ultimo sangue per il primato in classifica, lo spettacolo della Premier League rimane in ogni caso il panorama calcistico più importante, competitivo e spettacolare del mondo del pallone. Ogni big match è un potenziale spot per il mondo del calcio, un campionato in cui c’è ogni anno un riciclo costante di campionissimi e partite con un livello di eccellenza tale che difficilmente potrebbero essere eguagliate. Un esempio di come la Premier League sia il miglior campionato del mondo è stato proprio la recente Tottenham-Liverpool, di scena a Wembley davanti a 80’825 spettatori: cinque gol, una doppietta, ritmi infernali. Semplicemente, il calcio inglese.

COME ON SPURS

Per quello visto sul campo, e considerando il precedente pareggio al Bernabeu per 1-1, il Tottenham è attualmente l’unica squadra che può stare dietro al City per qualità di gioco espresso. Il padrino degli Spurs, Mauricio Pochettino, ha disegnato una squadra dalle forme eclettiche ma coese, con moduli che spaziano dal 4-2-3-1 al 4-3-2-1 o come ieri, al 3-4-2-1. Come si può notare, l’utilizzo del trequartista è un principio noumenico per l’allenatore uruguagio, e d’altronde come poter dispensare di tale ruolo quando a disposizione ci sono giocatori come Eriksen e Dele Alli, semplicemente, due fra i migliori interpreti di quel ruolo nel calcio moderno. Ieri contro il Liverpool Son ha agito da trequartista insieme al danese e il 96′ inglese è finito invece come interno di centrocampo, che tradotto, in situazione di gioco, vuol dire inserimenti e libertà spaziale in fase di costruzione della manovra.

Il Tottenham dispone in organico quello che attualmente può considerarsi il miglior centravanti della Premier League, e forse, uno dei migliori tre del mondo. Harry Kane, ieri doppietta, è il prototipo moderno di centravanti perché dotato di forza fisica, elemento immancabile, di tecnica d’alto livello e quel pizzico di talento calcistico che lo differenzia da tanti giocatori simili a lui. Un giocatore, l’inglese, che si fa trovare sempre al posto giusto e contro Matip ha stravinto il duello fisico, portandosi dietro anche tutta la difesa di Klopp e favorendo gli inserimenti dei trequartisti o degli interni. Spostandosi invece sulla qualità della rosa, va detto come nel Tottenham non c’è confusione tattica o anarchia di gioco: ognuno a cosa deve fare, dove trovare il compagno e come mandare in porta l’inserimento. Si chiama organizzazione, ed è forse l’arma più letale degli Spurs, visto che ieri a una squadra roboante e frizzante come il Liverpool hanno “sgasato” il loro attacco occupando praticamente ogni forma offensiva laterale e con i due trequartisti in fase arretrata, hanno interdetto i passaggi dalla difesa al centrocampo. Una macchina vicina alla perfezione in cui anche con la difesa a tre sembra non andare in difficoltà. Il trio di ieri era composto da Alderweield, Vertoghen e Sanchez, praticamente un trio di scuola Ajax in cui spiccano tecnica e posizione, nonchè, s’intende, un fisico che rispettivamente misura 187, 189 e 188 cm. Giganti dai piedi buoni. Tuttavia per lodare a pieno il Tottenham andrebbero esaltate anche le giocate dei vari Dele Alli e Son, ma anche la corsa di Aurier e la duttilità di Llorente, che al Bernabeu contro il Real ha agito da trequartista.

In ogni caso, il Tottenham ha spazzato via il Liverpool giocando meglio dei Reds, esaltandosi nel proprio gioco e enfatizzando sul piano mainstream i suoi gioielli. Come se a 20 punti in classifica e a -5 dal City non ce ne fosse ancora bisogno.

CHE FLOP

Nell’ottobre di due anni fa, quando Klopp fu nominato allenatore del Liverpool, l’entusiasmo collettivo aveva creato la credenza che col tedesco ad Anfield si sarebbe vista una delle migliori squadre degli ultimi anni in Premier. Invece, seppur sempre qualificati in Champions tranne alla prima stagione, i Reds hanno steccato malamente ogni annata, e il match di ieri ha confermato come la formazione di Coutinho e Firmino abbia dei seri problemi: in difesa ci sono troppi spazi, in attacco le giocate sono troppo sconnesse, e il risultato è che si subiscono tante reti evitabili (il primo e il secondo gol di ieri) e si segna pochissimo. Certo ci si sono messi di mezzo tanti errori individuali, tipo quelli di posizione di Lovren nelle reti di Kane e Son, la respinta corta di Matip sul gol di Alli e l’uscita a vuoti di Mignolet sul poker ancora di Kane; errori, quelli del Liverpool, che una squadra con ambizioni e con un tasso tecnico fra i più alti del campionato non può permettersi. A Wembley il migliore in campo è stato ancora una volta Momo Salah, che se non è l’unico portabandiera di Klopp poco ci manca perchè anche Coutinho, ai limiti dell’impalpabilità ieri, sembra l’ultimo acquisto in campo dopo un solo allenamento. Praticamente, e in campionato si intuiva già da un po’, il Liverpool soffre terribilmente quando non segna nei primi minuti, cosa che costringerebbe l’avversario a scoprirsi, mentre quando va sotto ci vuole una prodezza personale perchè si possa considerare la partita dei Reds ancora valida. Al termine del match, Klopp si è concentrato di più sull’esaltazione della prestazione degli Spurs più che sul sottolineare le ovvie carenze della propria performance.

Abbiamo cercato di occupare tutti gli spazi nelle zone decisive. Oggi non potevamo fare risultato contro una squadra come il Tottenham, per come hanno giocato. Non è stato possibile controbatterli. Certamente abbiamo corso e giocato, e io mi assumo le mie responsabilità.

Poter disporre di un attacco molto diversificato in cui spiccano il talento di Coutinho, la mobilità di Firmino, la fisicità di Sturridge e la velocità di Salah e Manè (ancora out per infortunio), di certo non aiuta Klopp a giustificare queste imbarazzanti prestazioni che, va detto, terminano comunque con orgoglio e a testa alta. Il Liverpool infatti difficilmente alza bandiera bianca e anche quando erano sotto di due gol a solo 15′ dal fischio d’inizio, i Reds hanno abbassato la testa e hanno poi trovato il gol con Salah. Il fatto è che se il Liverpool trova una squadra che blocca i riferimenti laterali e limita la squadra nella profondità, allora emergono tutte le indecisioni d’impostazione dei centrali difensivi e la scarsa mobilità dell’attacco, valido e micidiale solo se in superiorità numerica o su lancio in profondità.

https://www.youtube.com/watch?v=gUOjYHKvXas

Il match di ieri ha in ogni modo confermato quello che si vedeva già da un po’ in Premier, ovvero lo straripante Harry Kane a trascinare il Tottenham verso la conquista del titolo, oggi distante solo cinque punti, e il Liverpool che non riesce a trovare una dimensione costante e valida di risultati positivi. Due squadre opposte, un binomio da manuale del calcio, eppure ieri non ci sono state sorprese e ha vinto il più forte.

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I rinnovi di Zaccagni e Felipe Anderson: cosa cambia in casa Lazio con l’arrivo di Tudor

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Mattia Zaccagni, calciatore della Lazio e della Nazionale italiana (Italia) - Serie A

Con l’avvicendamento in panchina di Tudor, per la Lazio si configura un futuro in cui le certezze dell’era Sarri potrebbero iniziare a vacillare. Si parla soprattutto di due giocatori: Mattia Zaccagni e Felipe Anderson. Soprattutto nella passata stagione, culminata con il secondo posto in classifica, i due esterni rappresentavano delle pedine fondamentali per il gioco di Sarri, ma con Tudor tutto ciò potrebbe cambiare. Negli ultimi mesi le trattative per i prolungamenti di contratto si sono fermate per entrambi. Con il nuovo tecnico la situazione potrebbe cambiare. Resta da capire in quale direzione.

COME CAMBIA LA LAZIO CON TUDOR

Per tutta la gestione Sarri, il modulo utilizzato è stato il 4-3-3 tanto caro al tecnico toscano. Come riporta Il Messaggero, con Tudor però, già dal prossimo turno, la Lazio potrebbe giocare con il 3-4-2-1 con Zacccagni e Anderson che potrebbero risentire di questo cambiamento. Il primo ha già giocato in questo sistema di gioco e potrebbe subire meno questo cambiamento, mentre il brasiliano farà sicuramente più fatica ad adattarsi.

LA SITUAZIONE RINNOVI

Felipe Anderson percepisce 2.2 milioni di euro ma vorrebbe tornare ai 3.5 dei tempi del West Ham. Sembra che i primi contatti siano già stati avviati, ma la trattiva è ancora molto acerba. La Lazio per il momento non sembra volersi spingere oltre ai 3 milioni, bonus compresi. Con il contratto in scadenza a giugno 2024 il tempo inizia a diventare un fattore determinante e non è così certo che le due parti trovino una soluzione. Discorso leggermente diverso per Zaccagni: anche lui vorrebbe un adeguamento del contratto, da 1.8 milioni che guadagna adesso, vorrebbe passare a 3 più bonus. La Lazio sembra essere disposta ad arrivare a stento a 3, con i premi inclusi. Il giocatore italiano ha ancora un anno di contratto quindi la Lazio si occuperà di lui dopo aver parlato con Felipe Anderson. Su Zaccagni però c’è un forte interesse da parte della Juventus quindi anche in questo caso la situazione è tutt’altro che di facile gestione. Vedremo se il futuro dei due calciatori potrebbe essere ancora in biancoceleste, anche grazie all’arrivo e alla possibile cura Tudor.

 

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Il rammarico di Cannavaro: “Avrei allenato il Napoli anche gratis”

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Cannavaro

Fabio Cannavaro, intervistato da Sportitalia, ha parlato del suo amore per il Napoli, squadra che allenerebbe anche gratis. Il campione del Mondo del 2006 era stato visto vicino a De Laurentiis in occasione di Napoli-Empoli, ultima gara di Garcia sulla panchina del Napoli, ma fu solo un caso. Per Cannavaro non essere ancora riuscito a sedersi sulla panchina degli azzurri rappresenta un grande rammarico. Nel corso dell’intervista l’ex giocatore della Juventus, ha parlato anche della sua esperienza in Cina e della stagione del Napoli.

LE PAROLE DI CANNAVARO

POST GARCIA – “Avrei allenato il Napoli anche gratis: è il sogno di tutti gli allenatori. Credo che non centri l’esperienza nell’assenza del mio nome tra i 50 candidati vagliati da De Laurentiis per la panchina del Napoli per il dopo Garcia”.

ESPERIENZA IN CINA – “Tante persone non rispettano l’esperienza che ho fatto in Cina. Ma io sono un allenatore e voglio allenare. Ancora oggi dopo due anni dal mio rientro in Italia continuo a studiare ed aggiornarmi perché so che questo é quello che voglio fare”.

SULLA STAGIONE DEL NAPOLI – “Il problema di quest’anno é che sono stati cambiati troppi tecnici e i giocatori hanno dovuto assimilare troppi concetti diversi tra loro. Ci sta che si vada in confusione. Con l’Atalanta é l’ultima occasione Champions”.

 

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Fiorentina in cerca di un allenatore: idea De Rossi

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In foto: Daniele De Rossi, allenatore della Roma.

L’estate è sempre caratterizzata da grandi movimenti sul calciomercato, colpi di scena e acquisti da capogiro. Quest’anno però l’impressione è che non saranno coinvolti solamente i giocatori, ma gli spostamenti degli allenatori si prenderanno un grande spazio. Molti tecnici sono in bilico e altri sono richiesti da molti. Poi ci sono coloro che sono senza un’occupazione al momento, ma che hanno tanta voglia di ritornare in carreggiata.

La Lazio ha anticipato tutti e, dopo l’addio di Maurizio Sarri, ha scelto di affidare la squadra a Igor Tudor. L’ex Marsiglia ed Hellas Verona era richiesto da alcune squadre, soprattutto la Juventus, che non ha mai nascosto il suo interesse. Il tecnico croato è però legato ora ai colori biancocelesti e ha rinunciato di partecipare al valzer delle panchine dell’estate. Dall’altra parte di Roma però, è da monitorare la situazione che riguarda Daniele De Rossi, che, se dovesse lasciare la Lupa, potrebbe avere già una proposta.

LA FIORENTINA SU DE ROSSI

Come riporta il Corriere dello Sport, Daniele De Rossi vorrebbe continuare con la Roma anche nella prossima stagione e la sua priorità è quella. I risultati gli danno ragione fino a questo momento e, anche grazie a lui, i giallorossi sono ancora in corsa per un posto ambizioso in Europa e per l’Europa League. Tuttavia la scelta finale spetta ai Friedkin e, se l’ex numero 16 dovesse andarsene, la Fiorentina si sarebbe messa alla finestra.

Il club viola è infatti alla ricerca di un nuovo allenatore, data la quasi certa partenza di Vincenzo Italiano, richiesto da alcune squadre, più di tutte Napoli e Milan. L’idea dell’ultima ora sarebbe stata dunque Daniele De Rossi, che sta ben figurando con la Roma.

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Guidolin sui cambi allenatore in Serie A: “L’esonero fa parte del nostro lavoro”

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guidolin

Francesco Guidolin ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera in cui ha parlato dei cambi di allenatore da parte di molte squadre a campionato in corso o al termine della stagione. Quest’anno ben otto squadre hanno scelto di esonerare la propria guida tecnica, con Napoli e Salernitana che lo hanno fatto più volte. Di seguito le parole dell’ex Udinese.

LE DICHIRAZIONI DI GUIDOLIN

IL CAMBIO DI ALLENATORE – “Il grande equilibrio nella lotta salvezza incide senz’altro su certi numeri: nessuno è tranquillo e si cercano soluzioni diverse per evitare la retrocessione. La vera anomalia di questa stagione però è il cambio di allenatore della prima e della seconda classificata dello scorso campionato: bisogna saper gestire anche le vittorie e ripetere quello che ha fatto il Napoli lo scorso anno sarebbe stato impossibile per qualsiasi tecnico. In generale c’è sempre una certa superficialità: invece di analizzare i problemi, si sceglie la soluzione più semplice e immediata”.

LA SUA CARRIERA – “Eppure se si ha pazienza i risultati prima o poi arrivano.. Io ho avuto la fortuna di lavorare su progetti lunghi, a Vicenza, a Bologna o a Udine e quando la programmazione è a lungo termine si riesce a fare la differenza. Adesso è il momento proprio del Bologna, che si gioca un posto in Champions”.

L’ESONERO – “Fa sempre parte del gioco e del nostro lavoro, questo bisogna sottolinearlo. Entrare a campionato in corso e in situazioni delicate è chiaramente molto diverso, però anche se il tempo è poco e servono risultati immediati, se un gruppo è sano si può lavorare bene. La famosa scossa psicologica? È importante all’inizio, ma dopo servono valori tecnici e di leadership dentro al campo, senza i quali è durissima fare strada”.

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