Dieci anni dopo la Roma tornerà a disputare i quarti di finale di Champions League. Tornerà a gareggiare insieme alle altre sette migliori squadre d’Europa. In sostanza Di Francesco, alla sua prima esperienza da allenatore in ambito europeo, ha riportato la Roma tra le grandi d’Europa.
PAURA E INCERTEZZA
Nella gara di ritorno degli ottavi di Champions League Di Francesco decide di schierare, giustamente, i suoi uomini più fidati seppur variando qualcosa dal punto di vista tattico. Infatti in realtà il 4-3-3 mostrato dalla grafica della UEFA si era in parte capovolto con Nainggolan che non agiva da mezzala al fianco di De Rossi e Strootman, ma da puro trequartista (sia in fase difensiva che offensiva) alle spalle di Dzeko e con ai lati Ünder e Perotti. Questa situazione tattica emerge chiaramente già dopo 15 secondi quando la Roma riesce ad arrivare al tiro, seppur senza impensierire Pyatov, con il proprio centravanti bosniaco, grazie ad un’incursione del belga.

L’inserimento centrale di Nainggolan
Kolarov sull’out di sinistra serve centralmente Dzeko venuto incontro: una volta ricevuta palla, il numero 9 della Roma riesce a girarsi e servire Nainggolan che si era inserito alle spalle del centrale ucraino. Seppur l’azione si sia conclusa con un tiro sporco e debole da parte del bosniaco, la Roma aveva già dimostrato in che modo avesse preparato la partita. Nainggolan infatti manterrà quella posizione di campo per quasi tutta la partita, solamente a fine gara – ovvero quando c’era da difendere il risultato – il belga arretrerà sulla linea dei centrocampisti.
Lo Shakhtar di Fonseca invece si presentava a Roma con il solito 4-2-3-1 caratterizzato dalla notevole pericolosità dei propri trequartisti, ovvero Marlos, Taison e Bernard, a supporto dell’unica punta Ferreyra. La squadra di Donetsk aveva impostato la partita come è solita fare, cioè cercando di avere il controllo perenne del possesso palla, gestendo le varie situazioni di gioco. E così in parte è stato per quasi tutto il primo tempo: lo Shakhtar più lucido in termini di fraseggio e gestione del pallone; la Roma attenta a non scoprirsi per non subire un gol che avrebbe complicato notevolmente le cose. L’unico grande pericolo corso dalla Roma nella prima frazione di gioco è stata la malaugurata palla persa da Fazio sul pressing di Ferreyra il quale però successivamente, anche grazie alla rimonta del centrale argentino, non è riuscito a centrare la porta difesa da Alisson. La paura di subire gol e l’incertezza di scoprirsi troppo in fase offensiva si sono tradotti in un primo tempo avaro di emozioni e di occasioni da gol.
CINISMO E FREDDEZZA
Edin Dzeko è tornato in grande forma, e lo ha fatto nel momento decisivo della stagione. La doppietta al San Paolo e il gol qualificazione di ieri (che ha solamente condito una prestazione eccellente nel complesso) sono reti che rappresentano dei veri e propri macigni quando a fine anno si farà la conta sui risultati raggiunti. Dopo un primo tempo nel quale il centravanti bosniaco ha agito più che altro da raccordo tra centrocampo e attacco, causa anche il mancato supporto di Perotti e Ünder (soprattutto quest’ultimo ha giocato una partita non brillantissima), nella ripresa dopo pochi minuti si è subito svegliato il killer instinct che caratterizza l’ex Manchester City. È bastato un lancio in profondità di prima intenzione di Strootman, ed una difesa non perfettamente allineata, per portare la Roma in vantaggio.

Schierata malissimo la difesa dello Shakhtar
Strootman in situazione di difficoltà, essendo pressato e senza soluzioni di gioco ravvicinate, decide di lanciare sullo spazio Dzeko. La decisione presa dal centrocampista olandese rappresenta la classica giocata “a memoria” nella quale si sa che in quella porzione di campo deve essere attaccata la profondità. Ad aiutare la Roma è anche l’imperfetta difesa ucraina, se non solamente l’errata valutazione tattica di Rakitskiy il quale, invece che leggere la palla alle spalle, decide di salire pensando di lasciare in fuorigioco il bosniaco. Davanti a Pyatov poi Dzeko è bravo a far passare il pallone tra le gambe del portiere ucraino.
Il grande momento di forma vissuto da Edin Dzeko lo si denota anche successivamente in due situazioni: prima sfiora il raddoppio con un tiro a giro di destro dopo una grande giocata di Nainggolan, e poi fa espellere Ordets dopo avergli preso il tempo in velocità su una palla persa in uscita dallo Shakhtar. L’occasione dell’espulsione del centrale della formazione ha svoltato letteralmente la partita per due motivi, uno positivo e uno negativo. Dal punto di vista positivo perché la Roma aveva la grande opportunità di giocare il finale di gara in vantaggio di un gol e di un uomo. Dal punto di vista negativo perché dal momento dell’espulsione e dalla successiva mini-rissa provocata dalla spinta da parte di un giocatore dello Shakhtar ad un raccattapalle, la Roma non ha saputo ritrovare spazi, distanze e pressing sul portatore di palla. La squadra di Di Francesco infatti, pur trovandosi in superiorità numerica, non è più riuscita a gestire intelligentemente il pallone, pressando alto gli avversari, anzi si è rintanata dentro la propria area rischiando in qualche situazione. Soprattutto sull’out di sinistra dello Shakhtar la coppia Florenzi-Gerson (quest’ultimo entrato in partita non in maniera ottimale) ha faticato a chiudere le discese di Ismaily che da terzino si era ormai trasformato in esterno a tutto campo. Se proprio si vuole trovare una nota stonata in una serata perfetta è proprio questa: non aver saputo gestire al meglio l’uomo in più, anche se realmente la Roma non ha mai concesso un vero tiro in porta alla squadra di Fonseca.

Il momento di tensione tra giocatori della Roma e dello Shakhtar
Tra fatiche e sofferenze, ma anche tramite un’ottima fase difensiva (0 gol subiti all’Olimpico in questa Champions League) ed una grande capacità di compattezza (anche mentale), la Roma è riuscita a scrivere un piccolo pezzo di storia ieri sera. Il ritorno ai quarti di finale di Champions League dopo 10 anni è un traguardo inaspettato, che nessuno ad inizio stagione si sarebbe mai immaginato, neanche Di Francesco che per la prima volta si affacciava a questa competizione con umiltà ed inesperienza. La Roma ha dimostrato invece di essere squadra fino in fondo, ha dimostrato di poter stare tra le grandi.