Vigilie non delle più serene. Non eccellente premessa a una delle tradizionalmente più belle e romantiche partite nell’anno accademico della Serie A. Ma d’altronde inevitabile conseguenza e fida compagna per tutta la discussa e dibattuta finestra di mercato invernale dove pro e contro si mischiano nel mare di pareri che – inevitabilmente – divide. Come se il momento calcistico delle due protagoniste non tormentasse già abbastanza di suo. Serenità che manca sia a Milano che a Roma per motivi simili e diversi. Con intensità diverse. Serenità che colpisce e si manifesta in quelle zone del campo coinvolte nelle discussioni extra-campo. Risultato? Tutti o nessuno. 1-1
VIGILIA
Da una parte e dall’altra la serenità e ben lontana compagna. Acque mosse, mossissime, sia a Roma che a Milano. Per motivi simili e diversi. Col mercato – variabile sempre in più di questi periodi – denominatore comune.
In nerazzurro più di tanto non sgomenta ma impatta. Perché Rafinha – sbarcato a Milano nelle ore confinanti con il fischio d’inizio – sulla carta è rinforzo fondamentale per Spalletti. E i 90 minuti lo hanno confermato. E qualche riga più in giù chiariremo.
Più in giù – in Italia – il mercato invece colpisce e – per certi versi – affonda. Mina la vigilia. La ricerca di gol oltremanica punta l’obbiettivo su Roma, su Dzeko. Allusioni, interpretazioni – siparietto fra Totti e il bosniaco alla partenza per Milano – e smentite – Monchi prima del match – fomentano in ogni caso la questione. 50 milioni di incertezze sul piatto con gli oggetti del desiderio ben dichiarati.

Tutto questo come se già il momento sul campo di Inter e Roma non bastasse a destare già di suo preoccupanti scenari europei.
L’ingolfata macchina nerazzurra arriva da 5 gare senza il gusto dei 3 punti in un colpo solo. Albori di dicembre offrirono l’ultima gioia. Poi 3 miseri punti dilazionati e intervallati da crolli friulani e emiliani.
Qualcosina in più per i giallorossi. Che comunque vittoria non cantano dal 16 dicembre.
Le prime voci a infastidire Di Francesco, la crisi di cinismo fronte alla porta e non bastasse, traballanti scossoni alla poltrona di sua maestà bomber Dzeko e convalescente Emerson.
Tanti possibili alibi – deboli – per due società che ad alibi così deboli – per tradizione – non possono e non devono appellarsi.
22 IN CAMPO
Accostate premesse che ritroveremo è tempo di smuovere le bocce.
La partita per tutti e 90 i minuti riprende esattamente il filo lasciato due settimane fa.
Nonostante Di Francesco si presentasse con un 11 inedito costretto a rattoppare i forfait di Perotti e De Rossi – non proprio due qualsiasi nel suo scacchiere.
Dentro allora Gerson e Pellegrini con l’undici che ruota spesso in uno pseudo 4-3-3 molto atipico con Nainggolan esterno alto a completare la catena con Florenzi e Gerson quando toccava ai nerazzurri muovere.
Al di là di questi sprazzi di 4-3-3, mossi dalla necessità di frenare la cerniera di destra dell’Inter, che con Cancelo, Candreva e l’itinerante Borja Valero ha molto di offensivo più logico che il 4-4-1-1 giallorosso nonostante la partita di Gerson – in tal disposizione assegnato esterno sinistro – si sia mossa più nel mezzo che sulla fascia laterale.

Equilibrio abita San Siro finché il minuto 31 offre il primo spunto di discussione. Il gol di El Shaarawy, ottima manifestazione singola. Drammatico focus su Santon. Al di là del mosso risultato la lente di ingrandimento zoomma sull’obbrobriosa non giocata del terzino sinistro, inspiegabile e enigmatico tentativo di fondamentali a noi sconosciuti.

Il focus allarga la discussione al drammatico bisogno di un rinforzo vero , di un titolare inamovibile sulla bassa corsia sinistra nerazzurra. Sciagurata tradizione di rincalzi che parte da lontano. Lontanissimo. Di nomi se ne sono susseguiti negli anni. Maxwell – forse – l’ultimo vero e puro del ruolo. Non ce ne voglia l’innominabile Capitan Zanetti e la sua proverbiale duttilità in questo caso. Dodò, Alvaro Pereira, Juan Jesus, Ansaldi, Alex Telles, Nagatomo, D’Ambrosio e ora Santon eredi di quel posto che un tempo fu anche di Roberto Carlos. Troppi tentativi, pochi successi, testimoniati dalla minima permanenza nell’organico nerazzurro per la maggior parte dei singoli.
A giugno poi l’annuncio di Dalbert. Auspicato deus ex machina della dolorosa tradizione. A oggi ancora irrisolta. Perché se le gerarchie al terzino sinistro – pagato da Nizza 20 milioni + 6 di bonus + 10% su futura rivendita – gli antepongono l’eterno Nagatomo e il figlio prodigo Santon vuol dire che qualcosa non è quadrato.
Insomma in stagione troppi tentativi senza una soluzione di continuità ma la titolarità affidata più al momento che al nome.
E gennaio non sembra nutrire speranze in tal senso. Un discorso – necessario – forse per la finestra di giugno. Perché a rivedere cosa accade al minuto 31 e a stupirsi alle mani alte di Santon in segno di scuse verso il pubblico di San Siro al momento del cambio tutt’altro che proficuo con Dalbert, i moti per una definitiva rivoluzione ci sono tutti.

Il primo tempo – nerazzurro – offre la seconda occasione di riflessione. Detto dell’atterraggio dell’aereo con a bordo Rafinha la discussione apre sui risvolti dell’11 di Spalletti. Il moto è la sostituzione – alla fine rinviata al post intervallo – di Brozovic con l’appannato Gagliardini.
Sulla carta pochi o nulli cambiamenti: l’ex Barcellona andrà a posizionarsi – prevedibilmente – alle spalle di Icardi con il verosimile e conseguente arretramento di Borja Valero.
Forse più che semplice aiuto qualitativo sarà l’ex Barcellona. Naturale collegamento fra centrocampo e Icardi – stasera troppo spesso nella versione ingolfata e solitaria rispetto a quella da mattatore puro.
Speighiamo.
Il primo tempo e sostituzione hanno offerto spunti sul grande bisogno di un regista puro.
Troppi i palloni persi in uscita – costante della prima frazione – da Gagliardini nel tentativo di indossare gli stretti abiti di cucitore di gioco. Non è nelle sue corde. Non è il suo ruolo. E si è visto.
Eppure un regista in teoria ci sarebbe. Borja Valero sa e può farlo, non con la stessa naturalezza e armonia mostrata sulla trequarti ma è ampiamente opzione percorribile.
L’arrivo di Rafinha – con in mano la speranza di aver trovato la continuità sulla trequarti che con Brozovic e Joao Mario è mancata costringendo appunto l’avanzata dell’ex viola – potrebbe essere quindi soluzione giusta. “Due piccioni con una fava”.
SPUNTI GIALLOROSSI

Habemus Alisson!
Straordinario il brasiliano. Motivate ampiamente le “lamentele” di richiesto spazio lo scorso anno nella non più eterna lotta con Szczesny.
Primo tempo nerazzurro nelle riflessioni. Intervallo e seconda frazione importanti spunti giallorossi.
L’ottimo primo tempo della rimaneggiata armata di Di Francesco soluzione di pressing coordinato e veloci – ma troppo spesso – imprecisi ribaltamenti di fronte lascia campo al netto crollo del secondo tempo tamponato grazie anche a Sant’Alisson da Novo Hamburgo fino al minuto 86.
Motivi del crollo? Fisico probabilmente. Le “vacanze” hanno lasciato il segno e l’assenza dei polmoni di De Rossi si è sentita. Sono testimoni i gesti tipici da crampi di El Shaarawy al minuto 54 (anche se inspiegati vista la precocità) e l’uscita anzitempo di Gerson al minuto 70 – “scusato” forse dal minor impiego e minutaglia nelle gambe rispetto ai compagni.
Di fatto, di occasioni colorate di giallorosso il secondo tempo è scarno se non privo.
Rimane il momento di forma del faraone che segna ancora contro l’Inter in quello che fu il suo San Siro.
L’attenzione poi sposta su Dzeko e sull’ennesima prova sacrificale e sull’apporto marginale dove conta là davanti ennesima testimonianza di una forse reale difficile compatibilità col DNA del gioco di Di Francesco tanto denunciata a più riprese. Da qui forse le voci dall’Inghilterra non potrebbero essere così del tutto lontane dalla realtà.
Sulla sinistra si è sentita la mancanza di Perotti. Il dibattito sugli esterni della Roma perdura dall’addio di Salah a cui non è seguita un entrata all’altezza nel ruolo. Il mercato di gennaio – scarno di occasioni e restìo a colpi multimilionari (Coutinho a parte) – non il miglior alleato giallorosso. Certo che se da Londra…
TIRANDO LE SOMME
Inter-Roma ha ripreso da dove due settimane fa ci si era lasciati. Nulla di più nulla di meno. Solo una giornata in meno nella lotta all’Europa che conta. Grandi difficoltà, tanti sprazzi e lontana serenità per entrambi. Nella speranza che il tempo – aiutato forse dal mercato – qualcosa possa portare.