Quattro partite consecutive senza vittoria. Quattro partite consecutive senza segnare un gol. Quattro partite in cui il Real Madrid non riesce a conseguire il risultato più consono ad una società, ad un club di cotanto prestigio. Già così farebbe notizia, però attorno al periodo nero dei blancos c’è tanto altro. Aria pesante nei dintorni del Bernabeu, con le prime voci che aleggiano attorno all’allenatore Julen Lopetegui e qualcuno già trae conclusioni forti riguardo la gestione dell’ex selezionatore della Roja.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza dei tifosi del Madrid è stata causata dal gol al fotofinish di Manu Garcia, colui che ha portato alla prima vittoria dell’Alavés contro il glorioso Real in 18 stagioni di Liga disputate dai baschi; sebbene gli eterni rivali del Barcellona non se la stiano passando tanto meglio, questo poco importa dalle parti di Valdebebas, perchè quando si è abituati a gioire dei propri successi e dei propri trionfi di certo non si guarda in casa altrui.
Ma andiamo più a fondo.

POKER DI DISASTRI
Siviglia (3-0), Atletico Madrid (0-0), CSKA Mosca (1-0) e Alavés (1-0): due avversari ostici e due molto più abbordabili, quasi definibili morbidi, eppure nonostante ciò zero gol segnati e un solo pareggio ottenuto. Saranno due settimane lunghissime per i tifosi merengues, che da chissà quanto tempo non vivevano una serie tanto infelice. Un poker veramente disastroso, soprattutto per la pochezza delle prestazioni offerte: se contro il CSKA e l’Alavés sono state due partite contro avversari che si sono pressoché preoccupati di difendere e portare a casa il massimo disponibile – con i moscoviti che hanno difeso il vantaggio iniziale scaturito da un regalo di Kroos, mentre i baschi hanno sfruttato gli ultimi secondi per vincere – nel derby hanno addirittura subito l’impeto fisico e caratteriale dei colchoneros, che sono stati frenati soltanto da un paio di interventi di Courtois. Ancor peggio è andata a Siviglia, dove in un tempo il Real è stato annichilito dalla squadra di Machin (oggi capolista della Liga) subendo 3 gol, mentre nella ripresa è riuscito soltanto ad evitare che il passivo peggiorasse.
Ma la colpa, realmente, di chi è?
Molti l’hanno additata al solito all’uomo che siede in panchina: Julen Lopetegui, già coinvolto dalle polemiche pre mondiale che l’hanno portato all’esonero dal ruolo di CT della Spagna, oggi si trova a distanza di pochi mesi nell’occhio del ciclone. Non ha lo spogliatoio in mano, non ha idee chiare su come giocare, non è in grado di dare motivazioni ad un gruppo che già ha la pancia piena. Gliele hanno dette di tutti i colori al povero allenatore basco, che a detta di molti sarebbe già sulla graticola: per qualcuno la squadra lo ha già accantonato, per altri la dirigenza sarebbe già stanca di un rendimento altalenante fin dall’inizio, nel quale si è portato a casa la prima delusione stagionale perdendo la Supercoppa Europea contro i rivali cittadini del Real.
In effetti i blancos non stanno giocando un calcio spumeggiante, ma quando mai lo hanno fatto? Ci sono molte più rotazioni, i giovani stanno trovando molto più spazio – basti pensare ai vari Ceballos, Llorente o Vallejo, senza dimenticare che Asensio adesso è un inamovibile – e sono stati responsabilizzati molto di più i giocatori che parevano oscurati dalla presenza “ingombrante” di Cristiano Ronaldo, ossia Benzema e soprattutto Bale.
Sicuri che sia Lopetegui ad aver tutta la colpa per questa crisi?

PROGETTO COL FRENO TIRATO
C’è qualcuno più in alto di Lopetegui che forse non sta remando dalla stessa parte dei tifosi del Real.
Florentino Perez da qualche anno sembra aver parzialmente mollato la presa. Di certo non dal punto di vista dei risultati, visto e considerato l’enorme palmarès accresciuto in campo europeo nelle ultime stagioni, ma quantomeno per quanto riguarda la gestione della rosa, degli stipendi e del mercato. CR7, direte voi. Ma c’è tanto altro.
Già dall’anno passato si erano intraviste le basi di una specie di rivoluzione: prima è stato lasciato andare uno dei leader dello spogliatoio, Pepe, che non era certo uno di quei giocatori che fanno la differenza ma che comunque hanno in pugno il gruppo e sanno come trainarlo; in seguito cessioni importanti come quelle di Morata – deluso dallo scarso utilizzo – Kovacic – vedi motivo precedente – o ancor prima quello di un talento strapagato poco tempo prima, e messo velocemente nel dimenticatoio, ossia il 10 colombiano James Rodriguez.
Il colpo di grazia è stato dato ovviamente in quest’ultima sessione di mercato, quando Cristiano Ronaldo ha lasciato i blancos per accasarsi alla Juventus per un semplice motivo: Florentino non aveva intenzione di alzare l’ingaggio al portoghese, non gradiva che il suo numero 7 desiderasse le cifre guadagnate da Messi, Mbappé o Neymar. Questi ultimi due potevano essere i nomi che potevano far brillare di nuovo gli occhi dei tifosi merengues, ma niente di tutto ciò è arrivato, dato che i colpi di mercato di questa sessione sono stati il ritorno di Mariano Diaz (nuovo 7 del Real) e del gioiellino Vinicius Junior, che ha esordito solo con l’Atleti – pochissimi minuti – salvo poi giocare sempre con la squadra B.
E tutto questo ha portato soltanto al malcontento di un altro fenomeno, quel Luka Modric che ha fatto ciò che voleva in Russia con la sua Croazia, e che, vista la sua fame di trofei terminata in maglia Real, desiderava nuovi stimoli (Inter?). Niente da fare, Florentino Perez non poteva cedere anche alla volontà di Modric, e quindi si è ritrovato costretto a trattenere malvolentieri un giocatore che serve per mantenere un minimo di equilibrio nel rapporto presidente-tifoseria.

Oggi quello che serve veramente in casa Real è il lavoro: trabajar en silencio. Nonostante in tanti parlino già di un possibile sostituto interno nel caso dovesse andarsene Lopetegui (Guti?) o addirittura di un nome importante (Conte per l’immediato, Pochettino a fine stagione), forse la cosa migliore sarebbe lasciare del tempo all’attuale allenatore, che a differenza di quanto mostrano i risultati, non sta lavorando così male.
Volente o nolente, il Real Madrid sta vivendo un momento di cambio. Molti dei leader se ne sono andati o comunque sono in leggero calo, flessione comprensibile dopo tutti i trionfi ottenuti nell’era Zidane: adesso è l’ora di passare virtualmente il testimone ai giovani, non andandosene ma aiutandoli a crescere per il bene del Real e degli stessi leader dello spogliatoio; le energie e la voglia di emergere dei ragazzi che stanno pian piano migliorando potrebbero essere allo stesso tempo linfa per i più vecchi. E Lopetegui lo sa.
Intanto aspetta un cambio di marcia da parte dei suoi, e chissà che Florentino Perez non decida di nuovo di tornare a spendere.
Ma adesso si può solo lavorare, perchè al Real così non va. Per niente.