Editoriale
Verso lo spettacolo di Napoli-Milan…
Pubblicato
2 mesi fa:
Di
Elio Arienti
Non si è ancora spenta l’eco della doppia gara in prospettiva qualificazioni europee (gli azzurri a Napoli con l’Inghilterra e a Malta) che si torna alla realtà, in campionato. L’ultima giornata, prima della sosta-nazionali si era chiusa con due sfide di gran classe, Inter–Juventus e il derby capitolino fra Lazio e Roma; ora si riparte con una partita d’alto lignaggio con Napoli e Milan protagoniste al proscenio, ad affrontarsi per la “prima” di un trittico che vedrà rossoneri e partenopei incrociare le lame, in singolar tenzone, per ben tre volte (in campionato, appunto, e nel doppio incontro-scontro di Champions League) in una ventina di giorni o giù di lì.
Il calcio, insomma, continua a stupirci e a regalarci meraviglie con straordinari match da godere e gustare quasi senza neppure rendercene conto; partite imperdibili che alimentano la nostra insana e godereccia voglia di obnubilare la nostra mente e i nostri occhi con le vibrazioni che questi artisti del pallone puntualmente ci sanno offrire. E le emozioni, di conseguenza, non sono da meno. Sì, Napoli–Milan e poi in rapida successione, Milan-Napoli e ancora Napoli–Milan, queste ultime due per la qualificazione alla semifinale di Champions League. Che spettacolo! O almeno speriamo che lo sia… Un spettacolo, tre pìece di calcio che non possiamo – e non dobbiamo – assolutamente perdere; tre partite alle quali vale la pena di assistere, in religioso silenzio e senza perdersi neppure un frame di ogni gara.
Ma non c’è, nel piatto-campionato, soltanto queste partite che tengono addetti ai lavori e soprattutto tifosi col fiato sospeso, c’è anche molto altro. Del resto si va a grandi passi verso la fine di una stagione comunque strana e inusuale per via di un Mondiale che ha squassato ogni proposito e ogni indirizzo al quale riferirsi. Resta, nel caso, ancora poco e questi residui scampoli di campionato non fanno altro che alimentare sogni, speranze e non meno illusioni. Sia in vetta, col Napoli mattatore assoluto e le altre a leccarsi le ferite, sia in coda dove i giochi pare siano quasi fatti. Ma c’è ancora da gioire e da soffrire, perchè questo campionato sinceramente fantastico, sembra davvero non finire mai…
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Editoriale
L’editoriale di Elio Arienti – Il Milan non deve mettere mano all’undici titolare, quanto soprattutto alla panchina
Pubblicato
3 giorni fa:
Maggio 30, 2023Di
Elio Arienti
Dopo una rincorsa non priva di rischi, il Milan ha centrato l’obiettivo minimo, il raggiungimento del quarto posto in classifica, quello che ti porta direttamente in Champions League. Certo, non era quello il traguardo dichiarato ad inizio stagione – il bis in campionato – ma alla fine, tra alti e bassi, meglio quello che niente.
Basta accontentarsi! Un altro anno, dunque, il terzo consecutivo, nella massima rassegna calcistica continentale, un ottimo incentivo, sia sotto il profilo dell’autostima che economico, il meglio per programmare e progettare come si deve la stagione che verrà e i relativo obiettivi.
Manca ancora una partita, quella con l’Hellas Verona, e poi si chiude. Tutti in vacanza a recuperare le energie in vista del rientro il prossimo luglio, a Milanello, per la preparazione in vista della prossima stagione agonistica. Ma non tutti andranno in vacanza, c’è anche chi dovrà giocoforza restare in sede per mettere a punto le strategie di mercato e regalare a mister Pioli un organico adatto a garantire sostanza e compattezza.
Un collettivo di assoluto valore in grado di rispondere alle esigenze del campionato ma soprattutto di una Champions, da sempre il punto nodale di ogni stagione rossonera.
Molti saranno gli addii (grossomodo una dozzina), più o meno altrettanti i nuovi arrivi. Non sarà certamente semplice andare a trovare giocatori di spessore e di assoluta qualità, ma ormai la “3M” rossonera (Maldini-Massara-Moncada) è già più che mai svezzata per capire le esigenze del Milan e coglierne l’essenza.
Ma non c’è tanto da rimettere mano all’undici titolare, quanto soprattutto alla panchina che deve essere decisamente “ribaltata” e rimessa a nuovo con elementi che quando chiamati a dare il necessario contributo, siano in grado di mantenere il tasso tecnico generale della squadra sempre su livelli d’eccellenza. Insomma elementi di valore che io non posso e non voglio giudicare a priori ma che mi riserverò di farlo a tempo debito. C’è da competere su tre fronti e quindi non è davvero il caso di avere il… braccino corto.
Editoriale
L’editoriale di Elio Arienti – Questo campionato non è stato regolare
Pubblicato
1 settimana fa:
Maggio 23, 2023Di
Elio Arienti
Altro durissimo colpo per la Juventus. Ieri (lunedì 22 maggio) nel tardo pomeriggio è arrivata, da parte della Corte Federale d’appello della FIGC, la sentenza che condanna la società bianconera con 10 punti di penalizzazione in classifica per la vicenda plusvalenze mentre ben sette dei suoi dirigenti (??) compreso l’ex vice-presidente Pavel Nedved, sono stati del tutto assolti. In realtà alla Vecchia Signora si può ben dire che è andata assai bene perchè quella che avrebbe dovuto essere una “pena afflittiva”, così, nei fatti, non è perchè l’undici di Max Allegri è più che mai in corsa – al di là della sconfitta patita nel posticipo serale della terzultima di campionato a Empoli – per un posto non solo in Europa ma addirittura in Champions League.
Madama, però, non si arrende e pensa ad un ulteriore tentativo, l’ultimo in relazione a questa imbarazzante vicenda, presentando un nuovo ricorso, stavolta al Tar. E’ una Juve che, nonostante varie vicissitudini (tra l’altro, i 15 punti prima tolti e poi ridati…) cerca di non perdersi d’animo anche se poi i bianconeri, di qui a poco, dovranno sottoporsi ad un nuovo processo, molto più importante e delicato, quello riguardante il lodo-stipendi. E se in questo ulteriore filone d’inchiesta dovesse venir nuovamente condannata, ciò potrebbe costargli, calcisticamente parlando, una altrettanta pesante penalizzazione in classifica che le verrebbe cominata in concomitanza con l’inizio della prossima stagione agonistica. Insomma, una Juve che dagli altari scivola nella polvere e viceversa ma che continua a professarsi “non colpevole” nonostante le prove presentate dal pubblico ministero al processo siano state solo in minima parte confutate dagli avvocati della difesa.
Comunque sia, aldilà di quanto accaduto, non c’è dubbio alcuno che questo campionato non è stato per nulla regolare e anche quest’ultima condanna che ha retrocesso, in via definitiva, la Juventus dal secondo al settimo posto in graduatoria, ha in sé un vizio di forma assolutamente incomprensibile: perchè la squadra è stata “bastonata” mentre i suoi ex dirigenti, quelli di maggior spicco e con importanti cariche decisionali sono stati, invece, del tutto assolti? Un’anomalia, una distorsione della legge e dei suoi cavilli interni? Ecco, vorrei che qualcuno che di legge e legalità, articoli e comma ne capisce molto più di me, mi mettesse a parte spiegandomene le motivazioni.
Ma forse, per questo, basterà aspettare solo qualche giorno ancora e dubbi con annessi relativi intrighi per ciò che è realmente accaduto, verranno – se non tutti, almeno in grossa parte – finalmente svelati. Perlomeno così si spera…
Champions League
L’editoriale di Elio Arienti – Stasera è il “giorno della verità”
Pubblicato
2 settimane fa:
Maggio 16, 2023Di
Elio Arienti
Stasera è il “giorno della verità”, il giorno del fallimento, o il giorno della rinascita. Stasera va in onda la seconda parte dell’Euroderby, una partita che rimette in discussione una intera stagione, soprattutto quella del Milan chiamato a ribaltare un risultato, quello dell’andata, favorevole all’Inter non solo sul piano del risultato (0-2) ma soprattutto su quello del gioco, straripante da parte dei nerazzurri, involuto, lento, impacciato, inconcludente quello dei rossoneri. All’andata, mercoledì scorso, fu un monologo interista con quei due gol in una dozzina di minuti che annichilirono letteralmente Calabria e compagni costringendolo alla resa. Certo, per i rossoneri c’era la scusante-Leao, assente per infortunio e quella di Bennacer uscito anzitempo dalla contesa, ma tutto ciò poteva bastare?
No, ovviamente, non poteva – e non doveva – bastare, serviva fare molto di più, ma il Milan attuale è sulle gambe (la partita di Spezia, sabato scorso, ne ha certificato la verità) e non si poteva davvero pretendere di più. La banda-Pioli nella ripresa ci ha provato a venir fuori dal guscio ma senza grande successo. E allora perchè pretendere stasera un ribaltone? Sarà bastata meno di una settimana a rimettere a posto le cose e a dare brillantezza ad una squadra e a un collettivo senza nerbo e… garra? Certamente – e di questo ne siamo più che consci – ce la metterà davvero tutta, il Milan, per cercare i correttivi giusti in grado di rovesciare a proprio favore la situazione e agguantare l’ennesima finale-Champions della sua lunga, gloriosa e vincente Storia calcistica. In molti se lo augurano, ovviamente, ma credo che ci voglia ben altro, molto altro.
Innanzitutto mettere in campo una squadra degna di questo nome, con Leao a fare la propria parte sul fronte sinistro dell’attacco, una retroguardia in grado di reggere la forza d’urto avversaria (Lautaro Martinez, Lukaku, Dzeko, brrrr, che brividi!) e un centrocampo di manovra pronto a riannodare i fili, quando serve, tra difesa e attacco. Insomma un Milan in grado di usare, a seconda delle situazioni che di volta in volta si svilupperanno in campo, sia il fioretto che la spada; un Milan da combattimento ma che anche sappia discernere i momenti delicati della gara e li faccia propri. La finale è a un passo, d’accordo, ma bisogna saperne cogliere l’essenza e agguantarne il profitto.
Champions League
Milan-Inter, tra Istanbul e il 2003: voglia di rivalsa

Pubblicato
3 settimane fa:
Maggio 10, 2023Di
Elio Granito
“S’ode a destra uno squillo di tromba; a sinistra risponde uno squillo: d’ambo i lati calpesto rimbomba da cavalli e da fanti il terren. Quinci spunta per l’aria un vessillo; quindi un altro s’avanza spiegato: ecco appare un drappello schierato; ecco un altro che incontro gli vien. Già di mezzo sparito è il terreno; già le spade rispingon le spade; l’un dell’altro le immerge nel seno; gronda il sangue; raddoppia il ferir”.
Esordiva così Alessandro Manzoni nel coro del II atto de ‘Il conte di Carmagnola’. Nello scenario bellicoso di Maclodio, il poeta lombardo esprime disappunto e condanna nei confronti delle lotte fratricide della storia italiana.
Conflitti di un tempo che richiamano, per certi versi, sotto una diversa luce, le battaglie, vissute sul campo quest’oggi da due gloriose fazioni del panorama calcistico italiano. Corsi e ricorsi storici che alimentano, negli animi dei sostenitori e dei protagonisti, desiderio di rivalsa: una vendetta che l’Inter attende da troppo tempo; una seconda opportunità che il Milan vuole concedersi, per ritornare nella ‘tragica’ Istanbul.
Una sfida nella sfida: è questo il derby di Milano.
I PRECEDENTI
Sono 219 i precedenti disputati tra Milan ed Inter: i nerazzurri conducono con 81 vittorie a fronte delle 71 rossonere; 67 i pareggi maturati tra le due formazioni.
In Champions League, la stracittadina si è presentata in sole due occasioni, per un totale di quattro incontri: in semifinale, nella famosa edizione che ha visto tre italiane presenti tra le migliori quattro d’Europa; ai quarti della massima competizione per club, derby dell’iconica foto tra Rui Costa e Materazzi, ricordato inoltre per la sospensione, causata dal lancio di un fumogeno che colpì il numero 1 brasiliano Nelson Dida.
Il bilancio europeo è di due vittorie del Diavolo, altrettanti pareggi e zero trionfi della Beneamata, in entrambi i casi eliminata dal torneo.
INTER O MILAN: TI TE DOMINET MILAN
“O mia bela Madunina che te brillet de lontan, tuta d’ora e piscinina, ti te dominet Milan”.
Una canzone, nata per scherzo in una lontana notte d’ottobre del 1935; uno scherzo ben riuscito al compositore italiano Giovanni D’Anzi.
In un contesto accogliente nei confronti della tradizione napoletana e romana, il maestro ha composto, quasi per ripicca, ma pur sempre nel dovuto rispetto, quello che diventerà – strano a pensarsi – il brano simbolo della metropoli ambrosiana. Infatti, nel suo significato più profondo, la canzone racconta non solo del rapporto tra la Madonnina, statua della Madonna Assunta, che, dalla guglia maggiore del Duomo, domina l’intera città, e l’animo più profondo di Milano. Ma, soprattutto, del complesso rapporto della società dell’epoca con le migrazioni e le migliaia di lavoratori provenienti dal meridione.
Un inno che termina con un invito alla ‘fratellanza’, la stessa che verrà messa in discussione questa sera a San Siro, nella scala del calcio.
LE CHIAVI DELLA FINALE: IL DERBY DEL 2003
Il primo e unico precedente Euroderby disputato in semifinale risale alla stagione 2002/03, annata storica per il calcio italiano. Difatti, oltre alle milanesi, dal lato opposto del tabellone la Juventus è impegnata nel doppio confronto col Real Madrid dei Galácticos. In palio le chiavi per l’accesso alla finale di Manchester.
7 MAGGIO 2003
Una tensione tipica delle grandi serate di Champions League accompagna il derby d’andata. La sensazione che possa consumarsi in uno sterile 0-0, resta più di una semplice possibilità.
Nella cornice di un San Siro gremito, Cuper sceglie un insolito 3-5-2, schierando Cordoba, Materazzi e Cannavaro davanti alla porta difesa da Toldo; in mezzo al campo Di Biagio in cabina di regia, affiancato da Emre e Conceiçao; ai lati capitan Zanetti e Coco; in attacco il tandem formato da Crespo ed El Chino Recoba, data la pesante assenza di Bobo Vieri. Ancelotti risponde col consueto 4-3-1-2 con Dida in porta; retroguardia formata da Costacurta, Nesta, Maldini e Kaladze; orfani di Pirlo, i rossoneri schierano un centrocampo di quantità, composto da Brocchi, Gattuso e Seedorf; Rui Costa a sostegno delle due punte: Shevchenko, deludente fino a quel punto della stagione, e Inzaghi.
È una sfida anche sulle panchine, un confronto tra due personalità ben diverse, a cui la storia toglierà e donerà tanto. El hombre vertical, colui che il calcio riconosce quest’oggi come l’eterno secondo e Re Carlo, il vincente per antonomasia. Il primo predica cautela: l’importante oggi è non perdere. Il secondo prepara la sfida con l’intento di mantenere la porta inviolata, dettaglio che risulterà decisivo nel computo totale.
Ancelotti fa di necessità virtù: No Pirlo? No problem. Brocchi con Gattuso a far da diga. Poche emozioni, salvo uno squillo al minuto 83 di Crespo che, sfuggito alle attenzioni di Nesta, non centra lo specchio della porta nel tentativo di un coraggioso pallonetto.
È la paura di subire gol a fare da padrona. Tutto rimandato, dunque, alla gara di ritorno, quando sarà l’Inter ad ospitare il Milan.
13 MAGGIO 2003
Ancelotti deve fare a meno di Dida, alle prese con un’infrazione al dito della mano, e si affida a Christian Abbiati per difendere i pali. Rientra Pirlo in cabina di regia e, inevitabilmente, Brocchi si accomoda in panchina. Cuper riconferma la difesa tre; assente Coco, a causa dell’entrataccia di Seedorf non sanzionata nella gara precedente, Conceiçao fa le sue veci, mentre Cristiano Zanetti completa il terzetto di centrocampo.
Al Milan possono essere attribuite le maggiori occasioni di un primo tempo che sembra avviarsi verso l’ennesima situazione di parità a reti inviolate.
Ma proprio nel recupero, i rossoneri riescono a sbloccarla: Seedorf elude la pressione dei centrocampisti nerazzurri, spostandosi verso il centro, dà per un attimo l’impressione di poter calciare ma, con grande lucidità, vede un corridoio e serve rasoterra Shevchenko che sterza col sinistro su Cordoba, spostando il pallone sul destro e concludendo in precario equilibrio verso la porta difesa da Toldo. Il suo tiro termina sotto la traversa per il vantaggio del Milan: il derby è finalmente sbloccato.
Nella ripresa, Cuper getta nella mischia l’imprevedibile Obafemi Martins, meglio conosciuto come Oba-Oba per via delle sue ripetute capovolte che tanto fanno arrabbiare i suoi allenatori.
Il cronometro corre in favore degli uomini di Ancelotti che sentono, ora più che mai, la finale a un passo. Ma proprio durante i titoli di coda, il Biscione rientra in partita: un campanile di Costacurta porta a un’insolita traiettoria del pallone che non viene letta né da Maldini né da Martins che si sbracciano; la sfera cade sulla schiena del giovane nigeriano che fulmina sullo scatto Maldini e infila Abbiati sul primo palo facendo 1-1.
Saranno i sette minuti più lunghi della stagione rossonera.
Nel finale, arriva l’occasione del ribaltone: Kaladze perde il controllo del pallone sulla pressione di Kallon che è pronto a scrivere la storia della partita in un modo o in un altro. Ma questa volta gli dèi del calcio premiano il Milan. Abbiati alza la saracinesca e nega la gioia del gol al sierraleonese, infrangendo una volta per tutte le speranze di rimonta dell’Inter e mandando il Diavolo a un passo dal Paradiso.
CHI SI PRENDERÀ LA PROSSIMA FINALE?
Il prossimo Milan-Inter è certamente quello con più allusioni al passato, ai desideri di vendetta insiti nella mente dei tifosi, così come in quella dei protagonisti che, col passare degli anni, hanno continuato a sposare entrambe le cause. Capitani di ieri, nonché bandiere della storia dei rispettivi club: Javier Zanetti e Paolo Maldini. Ieri presenti sul campo, oggi dietro le quinte. Figure di spicco di un calcio d’altri tempi.
Proveranno ad emularli gli interpreti delle due sponde del Naviglio. Chi dà l’impressione di essere realmente legato alla maglia, come Tonali, Theo, Dimarco e Barella; chi fa del talento il proprio punto di forza, come Rafael Leao e Lautaro Martinez; chi ha condotto, senza non poche difficoltà, contro ogni forma di scetticismo, la propria rosa verso traguardi inimmaginabili, come Stefano Pioli e Simone Inzaghi.
Impossibile fare pronostici. La storia ci ha insegnato che i numeri e le statistiche contano ben poco in contesti simili. Milan-Inter sarà una gara di nervi, una battaglia agonistica non adatta ai deboli di cuore. Il favore del pronostico non pende da nessuna delle due parti: si parte 50 e 50.
Gli ingredienti ci sono, il tavolo è apparecchiato, la cena è quasi servita. Non ci resta che accomodarci e goderci il primo round della partita che un po’ tutto il mondo ci invidia.
Fonte immagine in evidenza: profilo Instagram di Marco Materazzi
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