Il Vicenza è un’importante realtà del calcio italiano. Ha visto muovere i primi passi di alcuni dei calciatori che hanno fatto la nostra della Nazionale, ha vissuto alcune piccole imprese e per anni è stata stabilmente al più alto livello del calcio italiano. Una realtà che oggi, però, rischia di svanire nell’oblio, affondata dal fallimento.
LA SITUAZIONE
Una crisi economica e calcistica. La società, da mesi, non riesce a pagare gli stipendi, mentre la squadra si trova al terzultimo posto del proprio girone di Serie C. Nelle ultime ore, la procura ha chiesto al tribunale civile il fallimento della biancorossa, ma al tempo stesso è stata chiesta al curatore fallimentare la disposizione dell’esercizio provvisorio. Ciò significa che la squadra potrebbe continuare a disputare il campionato in corso, in attesa che qualche imprenditore presenti un’offerta per risollevare la società. I giocatori hanno già dato la disponibilità a restare, ritirando i ricorsi presentati.
I GRANDI
Quella biancorossa è da decenni una delle migliori scuole calcistiche italiane. Vuoi perché alcuni talenti li sforna direttamente dalle proprie giovanili, vuoi perché si sceglie Veneto come tappa per il proprio percorso di crescita.

Il nome che viene più immediato ricordare è quello di Paolo Rossi. Nato a Prato e cresciuto nelle giovanili della Juventus, si è consacrato in Veneto, partendo come molti dalla B. 21 gol nel campionato cadetto nel 1976-77, titolo di capocannoniere e promozione diretta in A da 1ª in classifica. Il secondo anno in biancorosso è ancora meglio, perché Rossi di gol ne segna 24 (in 30 partite) e conduce il suo neopromosso Vicenza al secondo posto. La stagione successiva è invece disastrosa, scossa anche da un incredibile affare di mercato. Il cartellino di Rossi è infatti in comproprietà fra Juve e Vicenza: per la risoluzione della comproprietà le due società sono costrette ad andare alle buste e il presidente vicentino, Farina, chiede una cifra (volutamente troppo alta) di 2 miliardi e 612 milioni di lire per metà cartellino. Mossa che, paradossalmente, risulta fatale a stagione in corso: Rossi è vittima di un infortunio in occasione di una gara di Coppa Uefa contro il Dukla Praga, e i suoi 15 gol non bastano per salvare i biancorossi.
Rossi si trasferisce poi a Perugia e, l’anno dopo, alla Juventus. Nonostante le sole tre presenze accumulate con i bianconeri, Rossi si rende assoluto protagonista del Mondiale ’82: firma 6 gol nelle ultime tre partite degli azzurri, viene premiato come miglior giocatore del torneo e, a fine anno, alza il Pallone d’Oro.

Un altro Pallone d’Oro che mosso i suoi primi passi a Vicenza è Roberto Baggio. In Veneto da quando aveva 13 anni, fa il suo esordio in prima squadra a 16 e segna il suo primo gol da professionista a 17, su rigore. La stagione 1985-86 è quella che lo lancia definitivamente: segna 12 gol in 29 partite e conquista la promozione in B. In estate, poi, il passaggio alla Fiorentina.

Vicenza è stata tappa di formazione per molti giocatori: il campione del mondo Luca Toni, Ambrosini, Baronio, Coco, Maggio (vicentino anche di nascita), Sartor, Zaccardo e tanti altri ancora. Ma non solo Serie A, campioni del mondo e Palloni d’Oro.

Ad aver scritto righe importanti nella storia dei biancorossi è stato anche Stefan Schwoch. La Serie A l’ha assaporata con il Venezia per una sola stagione, in cui segnò appena 2 gol. In B, invece, sono molte le squadre a cui ha regalato importanti soddisfazioni: Ravenna, Venezia, Napoli, Torino e, infine, lo stesso Vicenza. Soprattutto il Vicenza. Sette stagioni in biancorosso, più di 200 presenze e 74 gol, che lo hanno portato a diventare il miglior marcatore della storia della B. Titolo che detiene ancora oggi con 135 gol, seppur minacciato da Cacia (133) e Caracciolo (128).
L’IMPRESA

La società veneta può vantare in bacheca diversi titoli di B e di C. Ma è uno su tutti che può sfoggiare con orgoglio: la Coppa Italia del 1997. Un trofeo che oggi siamo abituati a veder conteso tra le migliori squadre di Serie A, ma che negli anni ’90 non fu territorio esclusivo di quelle che venivano chiamate “le sette sorelle”. Anche Sampdoria, Parma, Napoli e Torino alzarono il trofeo in quegli anni.
La Coppa Italia del 1996-1997 vide affrontarsi proprio il Vicenza e il Napoli. In semifinale, eliminarono rispettivamente il Bologna e l’Inter. Pochi nomi noti in quel Vicenza, se non un giovane Luigi Sartor (che l’anno dopo sarebbe andato all’Inter, per poi trasferirsi al Parma) e un Domenico Di Carlo agli ultimi anni di carriera. Alla guida dei biancorossi c’era Francesco Guidolin, un allenatore abituato alle imprese. Appesi gli scarpini al chiodo già da un decennio, era alla sua terza stagione da allenatore dei veneti, dopo aver conquistato la Promozione e un 9° posto in Serie A.
La finale allora si disputava in due round. A Napoli vinsero i partenopei per 1-0, mentre a Vicenza i biancorossi si imposero per 3-1, con due reti segnate nei supplementari.

La vittoria della coppa nazionale garantiva la partecipazione alla Coppa delle Coppe. Il Vicenza partecipò alla penultima edizione di quella competizione, soppressa nel ’99. E la onorò fino in fondo. Eliminò in successione Legia Varsavia, Shakhtar Donetsk e gli olandesi del Roda. Si dovette arrendere al Chelsea in semifinale. Il 3-1 di Stamford Bridge rese vana la vittoria casalinga dei biancorossi per 1-0. Ma quella semifinale rimane il punto più alto toccato dalla società veneta.
Una società che, speriamo, possa presto risollevarsi. Sulle orme di quanto fatto dal Parma, che in pochi anni ha potuto addirittura tornare in Serie B, e si giocherà fino alla fine la promozione. Il Vicenza non deve morire.