Connect with us
Vita, morte e miracoli di Brandon Dawayne Roy

Basket

Vita, morte e miracoli di Brandon Dawayne Roy

Pubblicato

:

206, il prefisso di Seattle, nonché l’appellativo dei nativi della città nello stato di Washington si danno fuori da casa loro. Tra i Nate Robinson, i Jamal Crawford, i Jason Terry venuti fuori dalla città sede della Boeing, ce n’è uno in particolare che merita attenzione per il suo talento, la sua storia e, purtroppo per noi appassionati, anche per la sua sfortuna: Brandon Dawayne Roy. Una carriera passata a Portland più una comparsata a Minnesota, ginocchia disordinate come quelle di un crossista ma un talento semplicemente infinito. Giocatore completo, difensore rapido, attaccante perfetto, sapeva far canestro da dovunque e con chiunque davanti, una visione da gioco da point guard consumata che ci ha regalato bei salti dal divano anche quando la palla nel cesto la faceva mettere a qualcun altro, doti da leader carismatico e il suo immancabile sguardo fiero e concentrato. Una macchina perfetta. Un solo punto debole però, devastante per la sua carriera: le sue ginocchia. Brandon soffre di un’artrosi degenerativa alle due ginocchia, in parole più semplici la cartilagine delle articolazioni si deteriora fino a sgranarsi completamente. In queste condizioni è difficile persino camminare bene, figuratevi giocare in NBA. Anno da rookie assurdo, Rookie Of The Year 2006 (ROY in sigla, sembra scritto apposta per lui) a mani basse dopo che dal 2002 in poi, appena uscito dalla high school (la famosa Garfield High School, anche se più conosciuta per i fisici da laboratorio che da NBA) ha rimandato il salto tra i grandi prendendosi nel frattempo la leadership degli Huskies dell’università di Washington (dopo aver giocato con Martell Webster e Nate Robinson) segnando due volte 35 pti come career-high al college e più di 1000 totali. La sua canotta numero 3 è appesa al soffitto della Bank of America Arena e sopra il numero perfetto c’è scritto Roy. Insomma, il gusto di essere il primo giocatore della squadra ce l’ha sempre avuto, come un vero campione.

In NBA viene scelto alla 6 da Minnesota e viene scambiato per Randy Foye, scelto alla 7 dalla franchigia dell’Oregon. Prima partita direttamente a casa sua contro i Supersonics e primo ventello a referto, giusto per far capire che tre anni di college a livelli eccelsi qualcosa contano anche nella Lega. A fine stagione le stats contano quasi 17 punti con 4 e 4 alla voce assist e rimbalzi, e solo 56 partite nel paniere perchè le ginocchia non l’hanno mai lasciato in pace.

Nel 2001 il capitano Zach Randolph parte verso la Grande Mela, così Nate McMillan (che tra l’altro incontrò il Brandon studente durante uno dei suoi camp da giocatore) gli affida le chiavi della squadra insieme all’altro giovincello che si è giocato per molto tempo la palma della miglior ala forte della Lega e all’altro ragazzo draftato per primo, prima di Kevin Durant. Un vero Big Three per potenzialità, purtroppo mai esplose del tutto: Oden giocherà 82 partite (quanto una regular season intera) in 5 anni, Roy comincia la trafila delle 7 operazioni alle ginocchia, 7 come il suo numero di canotta, a cui si sottopone per tornare a giocare a basket. Per regalarci ancora quei salti in avanti verso il canestro con la mano più lontana dall’avversario ad accarezzare la palla, l’eleganza e la naturalezza old school degli anni ’60, quando un suo conterraneo faceva cantare la sua Black Beauty a Woodstock.

Per “The Natural” schiacciare è troppo mainstream, la vera aristocrazia del talento con quella palla ci gioca a biliardo, non a rugby. Siamo nel 2010, comincia l’odissea delle operazioni, la cartilagine è praticamente sparita, Brandon regge botta finché può, poi è costretto a mollare. Questo sarà il suo ultimo anno, chiuso perdendo 4-2 al primo turno dei Playoff contro i Mavs campioni. Roy però ragiona da fiero combattente in prima linea e se Portland è sotto 67-44 a 12 minuti dall’ultima sirena, spallucce, Brandon tira fuori 18 pti in 12 minuti bollenti e i Blazers, come Bruno Pizzul insegna, la portano a casa 84-82 davanti ad un Rose Garden tanto impallidito quanto delirante. Giocando praticamente su una gamba sola. Ah, il gioco da 4 per il pareggio commuove, vi avverto.

Da lì, il nulla. Training camp della stagione 2011-2012, Brandon Roy annuncia il ritiro. Troppo dolore, troppi rischi, troppe incognite anche per un carattere di granito come il suo. Ci ha riprovato successivamente, tornando alla franchigia che lo aveva originariamente draftato e che poi ha rischiato seriamente di mangiarsi le mani per quello scambio con Foye ordito dal GM Kevin Pritchard (quello che ha appena scambiato Paul George ad OKC, per intenderci) ma del Roy di fine decennio c’è rimasto soltanto il ricordo. Chiudiamola qua. Del resto, c’è anche una famiglia dietro a lui, famiglia a cui è legatissimo, una moglie e due figli (si racconta che dopo aver portato la sua signora a vedere qualche anello “giusto per farsi un’idea”, piazza quello scelto nel suo armadio tra le canotte da gioco, esce a mangiare e tramite il telefono invita la moglie a cercare nel guardaroba dicendo”se ci trovi qualcosa dentro, sarà tuo”. Scoperto l’anello, Brandon rientra insieme al loro primogenito dicendo “BJ vuole sapere se mamma sposerà papà”). Fiori d’arancio per loro, alla fine l’NBA Ring non è sempre l’anello che conta. La parabola di Brandon Roy, destinato purtroppo alla sconfitta ma a testa decisamente alta, una battaglia contro il destino persa da eroe, un Achille del 21 secolo nato a Seattle che, come Stazio ci insegna, è stato talmente troppo forte per gli altri che l’unico suo punto debole si è rivelato essere lui stesso, durato forse troppo poco ma vivo e presente nei ricordi di quei fortunati che l’hanno visto e che lo racconteranno come una stella cometa nell’universo NBA, fugace e schiva quanto luminosa e bella.

Continue Reading
Commenta

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Altri Sport

Harden imita Beckham: vuole una stella per i suoi Houston Dynamo

Pubblicato

:

petretta

James Harden, cestista statunitense che ha vestito la maglia dei Philadelphia 76ers nell’ultima stagione, ha deciso di acquistare qualche tempo fa alcuni azioni degli Houston Dynamo. Harden ha trascorso ben nove anni in Texas e ha deciso quindi di investire sulla squadra di calcio di Houston che disputa la MLS. Ora, con l’arrivo di Lionel Messi all’Inter Miami di proprietà di David Beckham, il play americano sogna un colpo simile per la sua squadra. Ha infatti rilasciato recentemente alcune dichiarazioni a USA Today Sports: Cerchiamo un campione che venga a Houston. Sappiamo tutti quanto incredibile è Messi, che a Miami insieme alla sua famiglia si sta trovando bene. Anche noi cerchiamo qualcuno che venga nella nostra franchigia e siamo sicuri che lo troveremo. Non me ne occupo io direttamente, ma il club è al lavoro”.

Continua a leggere

Altri Sport

Clamoroso Lebron James, le sue parole sul possibile ritiro: “Ci devo pensare”

Pubblicato

:

Lebron

Nella nottata italiana i Los Angeles Lakers di Lebron James sono stati battuti, e eliminati per 4 a 0, dai Denver Nuggets per 111-113. Lakers che non riescono a riaprire la serie e che manda i Nuggets alle Finals aspettando la vincente di Miami-Boston.

Oltre che per la sonora sconfitta sulle 4 partite, il mondo del NBA è rimasto scosso per le dichiarazioni di Lebron James nel post partita, che lasciano pensare ad un possibile ritiro:

“Ho molto su cui pensare a livello personale sulla possibilità di proseguire con il basket, devo riflettere a fondo”

Dichiarazioni bomba del 4 volte campione NBA, che nonostante abbia ancora 2 anni di contratto, con l’ultimo opzionale, non pare più cosi certo di voler continuare a calcare i parquet della NBA. L’idea a cui tutti pensavano era quelli che il “Re” avrebbe aspettato il draft del figlio Bronny, per giocare una stagione insieme a lui. Ha poi confermato alla domanda sul possibile ritiro ai microfoni di un giornalista ESPN.

Poco prima, sempre nella conferenza stampa post partita, si è espresso così su una domanda riguardante la sua visione sulla prossima stagione:

Vedremo cosa succede… non lo so. Non lo so. Ho molto a cui pensare a dire il vero. Personalmente, quando si tratta di basket, ho molto a cui pensare. Penso che sia andata bene, anche se non mi piace dire che è stato un anno di successo perché non sto giocando per nient’altro che vincere titoli in questa fase della mia carriera. Non mi diverto solo a fare una finale di Conference. L’ho giocata molte volte. E non è divertente per me non essere in grado di fare una finale di campionato”.

 

Continua a leggere

Basket

[VIDEO] Finale di Basket islandese: parte un coro contro la Juventus

Pubblicato

:

juventus

Simpatico siparietto quello avvenuto sabato durante la finale Scudetto del campionato islandese di basket.
Durante un momento di pausa del match tra Valur Reykjavik e Tindastoll, lo speaker del palazzetto ha fatto partire la celebre canzone dei Ricchi e Poveri, “Sarà perché ti amo”.

Fino a qui nulla di strano, ma durante il ritornello, il pubblico si lancia nel celebre coro (di matrice milanista) contro la Juventus, proprio sulle note della canzone.

Un episodio che ha già fatto il giro del mondo e che ha strappato un sorriso a molti in Italia, anche ai tifosi bianconeri.

Continua a leggere

Basket

Curry contro LeBron: sfavoriti a chi? Stanotte ritorna in scena il duello

Pubblicato

:

LeBron James Curry

Non saranno le Finals del quadriennio 2015/2018, ma questa notte sarà di nuovo Steph Curry contro LeBron James. E la Lega già si infiamma, per la serie che questi due talenti potrebbero mettere in piedi.

Il primo guida ormai dal 2009 i Golden State Warriors, con cui ha vinto 4 anelli e segnato un’epoca. Il secondo si è legato con i Los Angeles Lakers nel 2018, laureandosi campione NBA per la quarta volta nella sua storia la stagione successiva.

I PRECEDENTI

Nel 2018 i Golden State Warriors di Curry, Thompson, Durant e Green hanno spazzato via i Cleveland Cavaliers di LeBron James nelle Finals con un nettissimo 4-0. Da un lato abbiamo, probabilmente, la squadra più forte della storia come quintetto titolare. Dall’altro lato un roaster in evidente fase calante che LeBron James, se non da solo quasi, ha trascinato alle Finals. Le sue ottave Finals NBA consecutive, tra Miami Heat e Cleveland Cavaliers.

Nonostante il risultato senza repliche, infatti, dalle parti di Cleveland, King James fu idolatrato come una divinità, quando a fine anno svestì la casacca della franchigia dell’Ohio. Il motivo di tale amore incondizionato del pubblico dei Cavs è dovuto al fatto che il primo addio, che a tutti è sembrato un vero e proprio tradimento, commercializzato all’inverosimile con “The Decision“, è stato ampiamente colmato. Nella sua seconda avventura ai Cavs, LeBron ha portato la squadra ad un livello superiore. E, soprattutto, ha portato a casa il primo anello della storia della squadra. Lo ha fatto con un’impresa degna di nota: prima e unica volta nella storia che una squadra in svantaggio di 3-1 in una serie di Finals è riuscito a ribaltare e vincere.

Quell’estate, LeBron ha lasciato la sua Cleveland e la Eastern Conference, per sbarcare ad Ovest, per la prima volta in carriera, a quasi 34 anni. Con la casacca gialloviola, LeBron ha subito scritto la storia, vincendo il titolo nel 2020 e, soprattutto, tenendo alto il nome di Kobe Bryant, leggenda e volto storico dei Lakers tragicamente scomparso nel gennaio dello stesso anno. Ma dal 2018, non ci sono più stati scontri in un play-off tra Steph Curry e LeBron James. Ci si è andati vicini, se si pensa che nella stagione 2020/21 le due squadre si sono affrontate in un play-in, in cui è stato il King ad avere la meglio.

Ma si tratta di una sfida facilmente oltrepassabile. In primis, perchè non è reputata parte della post-season. In secondo luogo, perchè è stata una sola gara disputata, non una serie.

COINCIDENZA DELLE STELLE

LeBron James è di Akron, Ohio. Per tutti ora è “Il King“, ma per anni è stato “Just a kid from Akron“. Un’etichetta nata per erssere dispregiuativa e limitante nei suoi confronti e che ora, invece, lui stesso sfoggia con orgoglio. Il ragazzo venuto dal niente, in possesso solo di un talento sconfinato, schiacciato dalle attese sin dal suo ingresso nella Lega a soli 18 anni. Ed ora diventato leggenda.

Ma se andassimo a leggere, invece, data e luogo di nascita di Steph Curry, ritroveremo un nome familiare. Anche in questo caso, Akron, Ohio.

Le due stelle più rappresentative del basket americano degli anni 2010, vincitori di 7 titoli complessivi su 1o disponibili tra il 2010 e il 2020 concittadini. Nati nello stesso ospedale di Akron, a poco più di 3 anni di distanza. Quando le stelle (in questo caso, in senso astronomico) decidono di dare alla luce altre stelle (ora parliamo di Curry e James), il risultato non può che essere esplosivo. Stanotte, dopo 5 anni dall’ultima volta, i due si guarderanno di nuovo negli occhi in una serie da dentro-o-fuori valida per i Play-off. Con la consapevolezza che solo uno dei due potrà andare avanti.

La cosa più ironica, però, è che i due fuoriclasse sono arrivati a questa sfida scollandosi l’etichetta di chi li dava come “sfavoriti“. Memphis Grizzlies (avversari dei Los Angeles Lakers) e Sacramento Kings (avversari dei GSW) avevano dalla loro un miglior piazzamento in regular season e sembravano favoriti, con una eventuale Gara 7 in casa. Per i Grizzlies questa Gara 7 non si è neanche giocata. Curry, invece, ha letteralmente vinto quella giocata contro i Kings, con la migliore prestazione della storia in termi di punti segnati (50) in una Gara 7.

Da stanotte saranno l’uno contro l’altro, in una sfida che si prospetta già elettrica e piena di colpi di scena.

TUTTO SU SKY

La diffusione dell’NBA in Italia, ormai da anni, è governata da SKY. Su SkySport NBA (ed in streaming su NOW) sarà possibile assistere alle prime quattro gare in diretta e in replica. Si inizia stanotte alle 4:00 ora italiana.

Gara 1

LIVE nella notte tra martedì 2 e mercoledì 3 maggio ore 04:00

Repliche mercoledì 3 maggio ore 11:00, 14:00, 19:30 e 22:45

Gara 2

LIVE nella notte tra giovedì 4 e venerdì 5 maggio ore 03:00

Repliche venerdì 5 maggio ore 11:00, 14:00, 19:30 e 22:45

Gara 3

LIVE nella notte tra sabato 6 e domenica 7 maggio ore 02:30

Repliche domenica 7 maggio ore 14:00 e 19:30

Gara 4

LIVE nella notte tra lunedì 8 e martedì 9 maggio ore 04:00

Repliche martedì 9 maggio ore 11:00, 14:00, 19:30 e 22:45

Eventuali gara 5, gara 6 e gara 7 verranno comunicate in seguito.

Continua a leggere

I nostri approfondimenti

Giovani per il futuro

Esclusive

Fantacalcio

Serie A

Trending

Scarica L'App

Copyright © 2022 | Testata giornalistica n.63 registrata presso il Tribunale di Milano il 7 Febbraio 2017 | numero-diez.com | Applicazione e testata gestita da Número Diez SRL 12106070969